Ventunenne, autistico,
racconta la sua “prigione interiore”
Perché “Dio si fa trovare piano piano”
“Mi chiamo Federico, sono nato nel 1993 e mentre scrivo queste righe ho da poco compiuto vent’anni”. Federico soffre di autismo e non riesce a parlare. All'età di un anno i genitori Paola e Oreste notano che quel loro bellissimo figlio, vivace, e dai biondissimi capelli ricci comincia a trapassarli con lo sguardo, a rifiutare qualsiasi contatto e a non voltarsi quando veniva chiamato. A tre anni la diagnosi: si tratta di “autismo”. Seguono poi anni e anni di terapie, con lui aggrappato all'amore saldo dei genitori e dei fratelli Arianna e Leonardo.
L'inserimento a scuola è però un toccasana per lui e a 8 anni comincia a muovere i primi passi nel tentativo di comunicare attraverso il computer. Davanti a una tastiera la sua sindrome sembra, infatti, arretrare. Si apre uno spiraglio nella sua “prigione”. Scrive con il solo indice della mano destra. Inizia a dare forma a parole, frasi, e poi a pensieri e sentimenti conditi da una forte carica di ironia. Scopre l’amicizia, l’amore, la fede. Nasce così la sua autobiografia dal titolo “Quello che non ho mai detto” (Edizioni San Paolo) ricca di osservazioni profonde, rare e preziose sulla sua sindrome.
LA GIOIA A LUNGO DESIDERATA
“Oggi condivido con voi una grande gioia – annota Federico –. Dopo vent'anni di silenzio, una vita senza poter parlare, dodici anni di fatica per imparare a scrivere, è arrivato nelle librerie il mio libro, quello in cui racconto la mia storia, in cui spiego il mio autismo, in cui ho potuto finalmente dire come io vedo il mondo e ciò in cui credo. Dopo una vita passata in silenzio, comunicare è finalmente conseguire una gioia a lungo desiderata”.
CREDO IN DIO
Molto dense sono le righe in cui mette a nudo la sua fede. Dell'Eucaristia, ad esempio, scrive: “Io quando ricevo la comunione sento di entrare in rapporto con Dio e trovo la pace nel cuore”. Sulla Passione di Cristo: “Gesù raggiunge ogni persona che soffre. E' lì vicino ama e soffre con noi. Ci è venuto a mancare nel nostro dolore”. E ancora: “Dio si fa trovare piano piano, da chi lo cerca sinceramente”. La scelta, invece, di aprirsi alla vita d'amore di Dio “è come udire una musica e partecipare alla danza”. E poi c'è la riflessione su credenti e no: “Credo che la fede e l’ateismo siano due misteri complementari della vita umana. Ma credenti o atei, siamo tutti in cammino lungo il sentiero della vita. Il fatto che ciascuno abbia il proprio personale e unico percorso da fare non impone che non ci si possa sentire compagni di viaggio, anche tra atei e credenti, nella solidarietà ma anche nel pieno rispetto delle convinzioni degli altri”.
NO A INUTILI PIETISMI E AI RUMORI
Federico descrive ciò che prova un ragazzo nelle sue condizioni, così che possiamo comprenderlo meglio e cambiare il nostro approccio: “Se pensate che noi autistici siamo degli handicappati, lasciateci stare, per favore”. Se questo è la vostra idea non perdete tempo, sembra insomma dire. “Non stressate troppo le mie fini capacità percettive, quindi odio gli ambienti rumorosi, con molte luci e molta gente che parla. Per una passeggiata preferisco le atmosfere ovattate di un bosco che il caos di un centro commerciale. Datemi un inpunt alla volta. Posso capirvi ma comunicate piano e con frasi semplici. Spiegatemi pacatamente dove andiamo, a fare cosa e come. Per voi sarà ovvio ma per me no”.
STATE IN SILENZIO
Gli bastano poche rapide frasi per disarmare il lettore: “Penso che il mondo abbia un drammatico bisogno di silenzio, sia individuale sia relazionale, per imparare a sentire le cose con il cuore. Invece cerca di esorcizzare questo bisogno facendo ancora più rumore. Io non so parlare, ma voi siete capaci di coltivare le relazioni anche stando in silenzio?”. Ci sono poi cose che noi “neurotipici” non sappiamo fare, ma Federico sì: “Anch'io, per esempio, so fare delle cose per voi difficili, come parlare e ascoltare allo stesso tempo o ascoltare e comprendere due persone che parlano contemporaneamente di cose diverse. In sintesi, la mia mente lavora in un modo diverso da quella degli altri e ciò mi mette in difficoltà”.
L'inserimento a scuola è però un toccasana per lui e a 8 anni comincia a muovere i primi passi nel tentativo di comunicare attraverso il computer. Davanti a una tastiera la sua sindrome sembra, infatti, arretrare. Si apre uno spiraglio nella sua “prigione”. Scrive con il solo indice della mano destra. Inizia a dare forma a parole, frasi, e poi a pensieri e sentimenti conditi da una forte carica di ironia. Scopre l’amicizia, l’amore, la fede. Nasce così la sua autobiografia dal titolo “Quello che non ho mai detto” (Edizioni San Paolo) ricca di osservazioni profonde, rare e preziose sulla sua sindrome.
LA GIOIA A LUNGO DESIDERATA
“Oggi condivido con voi una grande gioia – annota Federico –. Dopo vent'anni di silenzio, una vita senza poter parlare, dodici anni di fatica per imparare a scrivere, è arrivato nelle librerie il mio libro, quello in cui racconto la mia storia, in cui spiego il mio autismo, in cui ho potuto finalmente dire come io vedo il mondo e ciò in cui credo. Dopo una vita passata in silenzio, comunicare è finalmente conseguire una gioia a lungo desiderata”.
CREDO IN DIO
Molto dense sono le righe in cui mette a nudo la sua fede. Dell'Eucaristia, ad esempio, scrive: “Io quando ricevo la comunione sento di entrare in rapporto con Dio e trovo la pace nel cuore”. Sulla Passione di Cristo: “Gesù raggiunge ogni persona che soffre. E' lì vicino ama e soffre con noi. Ci è venuto a mancare nel nostro dolore”. E ancora: “Dio si fa trovare piano piano, da chi lo cerca sinceramente”. La scelta, invece, di aprirsi alla vita d'amore di Dio “è come udire una musica e partecipare alla danza”. E poi c'è la riflessione su credenti e no: “Credo che la fede e l’ateismo siano due misteri complementari della vita umana. Ma credenti o atei, siamo tutti in cammino lungo il sentiero della vita. Il fatto che ciascuno abbia il proprio personale e unico percorso da fare non impone che non ci si possa sentire compagni di viaggio, anche tra atei e credenti, nella solidarietà ma anche nel pieno rispetto delle convinzioni degli altri”.
NO A INUTILI PIETISMI E AI RUMORI
Federico descrive ciò che prova un ragazzo nelle sue condizioni, così che possiamo comprenderlo meglio e cambiare il nostro approccio: “Se pensate che noi autistici siamo degli handicappati, lasciateci stare, per favore”. Se questo è la vostra idea non perdete tempo, sembra insomma dire. “Non stressate troppo le mie fini capacità percettive, quindi odio gli ambienti rumorosi, con molte luci e molta gente che parla. Per una passeggiata preferisco le atmosfere ovattate di un bosco che il caos di un centro commerciale. Datemi un inpunt alla volta. Posso capirvi ma comunicate piano e con frasi semplici. Spiegatemi pacatamente dove andiamo, a fare cosa e come. Per voi sarà ovvio ma per me no”.
STATE IN SILENZIO
Gli bastano poche rapide frasi per disarmare il lettore: “Penso che il mondo abbia un drammatico bisogno di silenzio, sia individuale sia relazionale, per imparare a sentire le cose con il cuore. Invece cerca di esorcizzare questo bisogno facendo ancora più rumore. Io non so parlare, ma voi siete capaci di coltivare le relazioni anche stando in silenzio?”. Ci sono poi cose che noi “neurotipici” non sappiamo fare, ma Federico sì: “Anch'io, per esempio, so fare delle cose per voi difficili, come parlare e ascoltare allo stesso tempo o ascoltare e comprendere due persone che parlano contemporaneamente di cose diverse. In sintesi, la mia mente lavora in un modo diverso da quella degli altri e ciò mi mette in difficoltà”.
PROGETTI PER IL FUTURO
Oggi Federico studia percussioni, ha tanti amici, aiuta persone con autismo in famiglia ed accarezza molti progetti per il futuro: “Ora la mia vita ha trovato il suo corso – scrive – grazie agli operatori che mi hanno insegnato il metodo, ai miei genitori che con entusiasmo si sono lanciati in questa avventura io oggi sono felice della mia vita e il merito, in gran parte, è loro”. Il suo pensiero però corre anche agli altri: “Quanti autistici mentalmente perduti avrebbero potuto essere altri Federico se diagnosticati presto, ben supportati nell'età dello sviluppo e molto amati?”. Ma uno è il suo desiderio più forte: “Andrò in giro per il mondo a vedere donne incinte per capire se i loro bimbi sapranno parlare e curare l'autismo. Io giocherò con i loro bimbi per aiutarli a crescere a imparare a parlare. Quando un bambino avrà bisogno di me, io sarò lì ad aiutarlo”.
“IO SOGNO SPESSO E TANTO”
Ancora oggi Federico non dice nulla, anche se a volte gli sfugge una parola o borbotta tra sé, ma lettera dopo lettera riesce a dipingere il suo mondo interiore con impressionante profondità e lucidità. Continua a vivere a Roma. E sogna, “spesso e tanto”: “Un sogno ricorrente è una giornata di sole in cui i miei sentimenti e i miei pensieri si sciolgono in una sorgente di parole per tutti i miei amici. Che bello dev’essere poter parlare!”.
Oggi Federico studia percussioni, ha tanti amici, aiuta persone con autismo in famiglia ed accarezza molti progetti per il futuro: “Ora la mia vita ha trovato il suo corso – scrive – grazie agli operatori che mi hanno insegnato il metodo, ai miei genitori che con entusiasmo si sono lanciati in questa avventura io oggi sono felice della mia vita e il merito, in gran parte, è loro”. Il suo pensiero però corre anche agli altri: “Quanti autistici mentalmente perduti avrebbero potuto essere altri Federico se diagnosticati presto, ben supportati nell'età dello sviluppo e molto amati?”. Ma uno è il suo desiderio più forte: “Andrò in giro per il mondo a vedere donne incinte per capire se i loro bimbi sapranno parlare e curare l'autismo. Io giocherò con i loro bimbi per aiutarli a crescere a imparare a parlare. Quando un bambino avrà bisogno di me, io sarò lì ad aiutarlo”.
“IO SOGNO SPESSO E TANTO”
Ancora oggi Federico non dice nulla, anche se a volte gli sfugge una parola o borbotta tra sé, ma lettera dopo lettera riesce a dipingere il suo mondo interiore con impressionante profondità e lucidità. Continua a vivere a Roma. E sogna, “spesso e tanto”: “Un sogno ricorrente è una giornata di sole in cui i miei sentimenti e i miei pensieri si sciolgono in una sorgente di parole per tutti i miei amici. Che bello dev’essere poter parlare!”.
da www.aleteia.org
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