san Paolo

san Paolo
D’improvviso lo avvolse una luce dal cielo (At 9,3)

venerdì 27 febbraio 2015

Cattedrali senza autore


La splendida testimonianza 
di una "donna invisibile"

Nessuno conosce il nome dei costruttori delle grandi cattedrali.

Nicole Johnson spiega con talento e simpatia 

che in un modo simile il ruolo in apparenza "invisibile" di una madre di famiglia
in realtà è fondamentale per costruire grandi cose.

Quello che di grande si costruisce in un'intera vita, 
il più delle volte non è visibile agli occhi del mondo, 
ma lo è agli Occhi di Dio
 e questo gli dà a tutto un valore inestimabile.





Questo mi ha ricordato l'omelia di don Fabio Pieroni della prima domenica di Quaresima, che vi dono in lettura qui sotto a seguire:

22 febbraio 2015 – Prima domenica di Quaresima

Marco 1,12-15

Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».
———————————————–
 Gesù sta nel deserto perché satana, il suo e nostro nemico, gli si scateni contro e quindi ci possa essere rivelata qual è la sorgente di tutte le nostre sofferenze e di tutte le nostre angustie. Gesù dice: “Il tempo è compiuto! Il tempo è pieno! La vita che viviamo è bellissima, piena di cose grandi! Convertitevi, cioè cambiate mentalità, perché tante volte voi pensate tutto il contrario. Credete al vangelo!”. La parola vangelo significa “buona notizia”: c’è qualcosa di bello nella tua vita, la tua vita è molto importante!
La tua vita è bella: questo è il punto fondamentale che dovrebbe animare ogni nostro atto, ogni nostra giornata. La buona notizia è che la nostra vita è stata inventata dall’amore. Esiste l’amore, esiste qualcuno che ci ama, che ci ha chiamati alla vita e quando incontriamo questo amore ci accendiamo, diventiamo pieni di bellezza, di entusiasmo. 
Questo amore è la cosa più importante di tutte. Noi esistiamo perché siamo stati amati, e siamo amati. Ciascuno di voi ha fatto esperienze concrete di questo amore, perché  l’amore di Dio si incontra attraverso un cristiano, attraverso una persona. Qualcuno ci ha testimoniato, ha comunicato, ci ha fatto vedere, ha acceso in noi questo amore, e noi abbiamo creduto e siamo partiti, ci siamo emozionati, ci siamo commossi! 
Quell’incontro è stato importantissimo, ma noi facilmente lo perdiamo; è allora assolutamente importante recuperarlo durante la quaresima. Questo è il punto fondamentale della vita nostra, la buona notizia; questa esperienza è l’inizio di tutto, come il big-bang. Finalmente nasciamo, finalmente ci alziamo, smettiamo di strisciare, perché abbiamo creduto a qualcosa di grande. E’ apparsa finalmente la nostra vera fisionomia, ci siamo buttati in una serie di iniziative che abbiamo creduto potessero realizzarsi. Anche io mi sono buttato: “Voglio fare qualcosa di bello!”  mi sono detto.  Ho creduto che questo amore non solamente esiste, non solamente mi può rianimare, ma che questo amore, che è Dio, si può realizzare. Vale la pena tradurlo in pratica, attraverso delle iniziative, attraverso delle relazioni, attraverso dei combattimenti. 
Questo mi ha motivato, continua a motivarmi, e qualsiasi persona che sia animata dall’amore si rende conto che non può stare con le mani in mano, ma avverte tutto il compito, tutta la bellezza di voler tradurre questa realtà in pratica. Quello che tu fai animato dall’amore, anche le cose più nascoste, se praticato a questa maniera, salva il mondo. Tutto quello che stai facendo, anche le cose considerate ridicole agli occhi degli altri, sono oro, sono il tesoro  del mondo, quindi tu spenditi, vai avanti! Questo è il punto fondamentale.
Quindi primo punto: esiste l’amore. Secondo punto: questo amore si può praticare. Terzo punto:  praticare l’amore è la cosa più utile del mondo.
Ebbene, su questa  realtà del vangelo c’è satana. Satana è una parola aramaica che vuole dire “colui che punta il dito”, colui che ti dice: questa è una sciocchezza! Questo è inutile! L’amore è un’illusione! Praticarlo è impossibile, perché gli altri ti ignorano. Sei un illuso! Gesù è andato nel deserto? E’ un pazzo! E’ un impostore che sta insegnando  alle persone a vivere una fregatura! Chiuditi in te stesso, fatti gli affari tuoi! E anzi, ti dico una cosa, la vita è la cosa peggiore che ti possa essere capitata!
Quante volte noi pensiamo così…  Quante volte diciamo: ho telefonato a quella persona e non mi risponde, allora ce l’ha con me! Altro che amore! Io faccio parte di un gruppo in parrocchia, ma nessuno mi si fila… sto perdendo il mio tempo…  Nasce dentro di te una contestazione alla buona notizia, non ci sono buone notizie, la tua vita è caratterizzata da questa immagine del deserto in cui non c’è niente, in cui si perde tutto, in cui tutto è inutile.
Questa mattina però Cristo ti dice: tu hai bisogno di questo meraviglioso segno, di cui abbiamo ascoltato nella prima lettura: l’arcobaleno. L’arcobaleno è questa cifra che dobbiamo costantemente riprendere davanti ai nostri occhi per perseverare in questa direzione in cui la buona notizia ci ha lanciati. L’arcobaleno è l’Eucaristia. Ogni Eucaristia ti conferma che la buona notizia è vera, ogni Eucaristia ti incoraggia contro il nulla che sembra che ti possa distruggere. 
Nell’Apocalisse si dice che quando ad un certo punto la Chiesa sta in difficoltà, deve celebrare l’Eucaristia, e appare un arcobaleno di colore smeraldo; dentro questo arcobaleno appare un trono, e su questo trono c’è Dio Padre che mostra suo figlio come un agnello, e si dice: “Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù lingua, popolo e nazione e li hai costituiti un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra” (Ap 5,9-10).  C’è una grande esultanza nell’assemblea del cielo: “L’Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione”; stanno dicendo: Tutto quello che noi abbiamo creduto è vero! Tutto quello che noi abbiamo realizzato è stato possibile attraverso il tuo aiuto. Tutto quello che noi  abbiamo realizzato è stata la cosa più utile del mondo. Ogni Eucaristia è questa conferma, questa vittoria che noi vedremo un giorno in cielo.
Mentre noi camminiamo, però, c’è satana che ci accompagna. Sta sempre lì, accanto a ciascuno di noi, e allora dobbiamo assolutamente tenere ferma questa direzione nella quale questa mattina Dio ci conferma, dicendoci: devi credere a questa buona notizia, questa è la cosa importante! Quello che tu hai creduto non è un’illusione, non è una stupidaggine. Giocati in questo, contestando tutte quelle realtà, tutti quei pensieri che ti vogliono ridicolizzare, che vogliono relativizzare tutto quello che tu stai investendo in questa direzione. Questo è quello che rimarrà! Questo farà felici gli altri! Questo è quello che lascerai della tua vita. Oggi, nella prima domenica di quaresima, il Signore ci è accanto e ci incoraggia: “Guarda, io ci sono stato nel  deserto, si passa! Tutto quello che rimane è ciò che è stato vissuto nell’amore! Io ti vengo a prendere, e camminiamo insieme! Io ci sono stato, tutto quello che ti dico è verità!”.
 L’arcobaleno, segno della vittoria sulla tempesta, ci dice che tutte le obiezioni del demonio sono state vinte dall’agnello immolato. Cerchiamo di fare nostra questa parola, dobbiamo combattere passando dalla visione della tempesta alla visione dell’arcobaleno. L’Eucaristia è questo arcobaleno in cui veniamo confermati ed incoraggiati.


martedì 17 febbraio 2015

"Mio Padre"


Da una preghiera di Suor Eugenia Eli­sabetta Ravasio.
La tragedia profonda, originaria del nostro cuore
è quella di crederci orfani e abbandonati su questa terra.
La scoperta decisiva, quella di avere un Padre che ci ama e si prende cura di noi.








MIO PADRE

 La                           Do#m
Com’è bello, dolce e soave
            Sim7                           Mi
Ricordar che sei mio Padre
                         La                   Do#m
Che mi hai fatto figlio tuo
              Sim7                 Mi
E che vegli su di me,

              Fa#m                Mi             Re
che conosci ogni parte di me,
             Fa#m                   Mi                Re
mi conosci molto meglio di me…

  La                Do#m
Com’è bello ricordare
                Sim7                        Mi
Che infinito è il tuo amore,
                 La                    Do#m
quanto bene mi sai dare:
               Sim7                            Mi
Tu sai trarlo anche dal male

          Fa#m                             Mi                   Re
E conosci quel che è meglio per me,
          Fa#m                    Mi                 Re
lo conosci molto meglio di me!

    Mi                                                                                  Re                        La
Credo! ...ma aumenta in me la fede, la speranza e la carità!
    Mi                                                                                   Re                                   La
Credo! …insegnami a vedere che il tuo Amore guida la mia storia
    Mi                                                                                Re
Credo! …voglio abbandonarmi sul tuo cuore,
                     La                 MI                        Re
come un bimbo in braccio a sua madre…
                     La                 MI                        Re              Mi4   Mi  Mi2  Mi
come un bimbo in braccio a sua madre…

         La                                 Do#m
Tu mi hai scelto e mi hai chiamato
                Sim7                     Mi
fin dal seno di mia madre
               La                     Do#m
Per portare pace e gioia
               Sim7                      Mi
con la luce del tuo amore

              Fa#m                 Mi   Re
Per cantare la tua gloria
       Fa#m         Mi          Re
e difendere la Verità

Credo! …ma aumenta in me la fede…

Pasolini, padre Maurizio e papa Francesco


Pasolini e Bergoglio 
profeti della “colonizzazione ideologica”


«Urla, o porta; grida, o città; struggiti, Palestina tutta,
poiché viene un fiume da settentrione
E ognuno si cingerà di sacchi per le sue strade
e tutti quanti urleranno sopra i suoi tetti e nelle sue piazze,
struggendosi di pianto» (P. P. Pasolini, “Il Vangelo secondo Matteo”, 1:11:29-50)




Quello qui sopra riportato è l’unico frammento di testo, che non fosse già presente nell’opera originale dell’evangelista, introdotto ex novo da Pasolini nel suo film Il vangelo secondo Matteo (1964).

«La mia idea è questa: – aveva scritto il poeta – seguire punto per punto il Vangelo secondo Matteo, senza farne una sceneggiatura o riduzione. Tradurlo fedelmente in immagini, seguendone senza una omissione o un'aggiunta il racconto. Anche i dialoghi dovrebbero essere rigorosamente quelli di San Matteo, senza nemmeno una frase di spiegazione o di raccordo: perché nessuna immagine o nessuna parola inserita potrà mai essere all'altezza poetica del testo».

Per quanto riguarda le omissioni, per la verità se ne trovano diverse nella pellicola, così come gli spostamenti di frasi e pericopi, ma in effetti, a parte naturalmente la colonna sonora, l’ambientazione e i costumi, questa strana profezia tratta da Isaia resta l’unica aggiunta personale fatta da Pasolini al testo di Matteo. Si tratta evidentemente di un frammento fondamentale per l’interpretazione dell’opera, come una sorta di firma nascosta dal regista al centro del film, per comunicare a chi abbia “occhi per vedere e orecchie per ascoltare” un messaggio che l’autore considerava estremamente importante.

Interessante è inoltre il modo in cui il poeta friulano introduce tale frammento, imitando una precisa caratteristica stilistica del vangelo stesso. Matteo aveva infatti più volte utilizzato nel suo testo la figura del compimento di una profezia dell’Antico Testamento nella vita di Gesù, col fine di evidenziare il fatto che il figlio di Giuseppe di Nazareth era in realtà il Messia inviato da Dio e annunciato dai profeti. Allo stesso modo, Pasolini prende due versetti di una profezia di Isaia (14, 31 e 15, 3), li adatta alle sue intenzioni e li attualizza annunciandone il compimento nell’Italia del ventesimo secolo - ma oggi potremmo anche dire nell’Europa del terzo millennio.





Nel Vangelo secondo Matteo di Pasolini è dunque già contenuta tra le righe, mediante l’immagine di una devastante inondazione proveniente dal Nord, una anticipazione della celebre denuncia di genocidio culturale che il geniale intellettuale avrebbe mosso nei confronti della borghesia neocapitalistica italiana negli anni ’70, sulle pagine del Corriere della Sera, in una serie di articoli poi raccolti in Scritti corsari del 1975. 

Pasolini aveva compreso, tramite i suoi studi linguistici e le sue assidue frequentazioni del popolo nelle borgate romane come nel Meridione italiano, che era in atto in maniera subdola e clandestina una distruzione e sostituzione dei valori tradizionali della società italiana.  Si trattava di una sorta di persuasione occulta, operata principalmente per mezzo dei mass media, in primo luogo la televisione, che aveva per effetto una vera e propria mutazione antropologica, con la soppressione di larghe zone della società stessa. 

Il poeta sosteneva che un tal modo di omologare il popolo ai valori della classe dominante costituiva una nuova forma di fascismo, ancora più pericolosa: «Ecco l’angoscia di un uomo della mia generazione che ha visto la guerra, i nazisti, le SS. Quando vedo intorno a me i giovani che stanno perdendo gli antichi valori popolari e assorbono i modelli imposti dal capitalismo, e rischiano una forma di disumanità, una forma atroce di afasia, una assenza di capacità critiche, una passività, ricordo che erano le forme tipiche delle SS e vedo stendersi sulle nostre città l’ombra orrenda della croce uncinata».




Il modello che Pasolini vedeva essere imposto ai giovani italiani era quello di un certo edonismo interclassista, fatto di falsa tolleranza e permessività, che imponeva inconsciamente di adeguarsi a certi modi di vestire, di pettinarsi, di sorridere, di atteggiarsi e di comportarsi in modo simile a ciò che si vede ad esempio nella pubblicità o nei film. E tutto questo avveniva perché «ad un certo punto il potere ha avuto bisogno di un diverso tipo di suddito, che fosse prima di tutto un consumatore, e non era un consumatore perfetto se non gli si concedeva una certa permissività nel campo sessuale».

E’ molto interessante notare che Pasolini leggeva in questa chiave anche il risultato del referendum sul divorzio del 12 maggio 1974: «Secondo me ai “No” ha contribuito potentemente anche la tv, che ad esempio in questi 20 anni ha nettamente svalutato ogni contenuto religioso. Di fatto, a prescindere dalle immagini che abbiamo visto del Papa o dei cardinali che benedicono, ecc…, avveniva almeno a livello inconscio un profondo processo di laicizzazione, che consegnava le masse al potere dei mass-media e attraverso questi all’ideologia reale del potere, dell’edonismo del potere consumistico. Per questo dico che nel “No” […] è presente l’anima del potere borghese che vuole l’italiano un buon consumatore, e chi accetta il divorzio lo è senz’altro».

E’ davvero impressionante oggi giorno notare la profonda consonanza di queste parole con quelle, ad esempio, di padre Maurizio Botta in una delle catechesi sui Cinque Passi che tiene alla Chiesa Nuova a Roma: «Questa società non la vuole una famiglia di sei persone. Questa società vuole sei single. Perché una famiglia di sei persone compie un peccato capitale per questa società dei consumi: risparmia. Sei persone in una famiglia spendono meno di sei single. E allora la famiglia è sotto attacco, vogliono disgregarla».




Ma quello che mi ha colpito di più, e che mi ha spinto a scrivere questo post, è aver sentito papa Francesco parlare di colonizzazione ideologica durante il suo viaggio nelle Filippine. 
Avevo concluso nel 2003, dopo un lungo e faticoso lavoro, una Tesi di Laurea in Storia e critica del cinema dedicata proprio al film di Pasolini sul Vangelo, dopodiché l’avevo messa lì da parte, pensando francamente di aver sprecato il mio tempo.

Poi ho letto queste parole pronunciate dal papa, 50 anni dopo l’uscita del film che coincideva con la chiusura del Concilio Vaticano II, durante l’incontro con le famiglie il 16 gennaio 2015 alla Mall of Asia Arena di Manila: «Nel nostro tempo, Dio ci chiama a riconoscere i pericoli che minacciano le nostre famiglie e a proteggerle dal male. Stiamo attenti alle nuove colonizzazioni ideologiche. Esistono colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia. Non nascono dal sogno, dalla preghiera, dall’incontro con Dio, dalla missione che Dio ci dà, vengono da fuori e per questo dico che sono colonizzazioni. Non perdiamo la libertà della missione che Dio ci dà, la missione della famiglia. E così come i nostri popoli, in un momento della loro storia, arrivarono alla maturità di dire “no” a qualsiasi colonizzazione politica, come famiglie dobbiamo essere molto molto sagaci, molto abili, molto forti, per dire “no” a qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica della famiglia [...]  Mentre fin troppe persone vivono in estrema povertà, altri vengono catturati dal materialismo e da stili di vita che annullano la vita familiare e le più fondamentali esigenze della morale cristiana. Queste sono le colonizzazioni ideologiche. La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita».




Durante il volo di ritorno dalle Filippine, il 19 gennaio 2015, papa Francesco ha fatto pure un esempio preciso di colonizzazione ideologica, usando il medesimo paragone pasoliniano del nazi-fascismo: «Colonizzazione ideologica è lo stesso che hanno fatto sempre i dittatori, anche in Italia con i ‘balilla’. Pensate anche alla ‘gioventù hitleriana’, a quel popolo che ha subito tanta sofferenza. Vi faccio un esempio che ho vissuto io nel 1995: una Ministro dell’Istruzione Pubblica aveva chiesto un prestito forte per fare la costruzione di scuole per i poveri. Le hanno dato il prestito a condizione che nelle scuole ci fosse un libro per i bambini […] dove si insegnava la teoria del gender. Questa donna aveva bisogno dei soldi del prestito, ma quella era la condizione...»

Si tratta di una linea di pensiero che papa Bergoglio aveva già tracciato nell’aprile del 2014, durante un ricevimento dei componenti dell’Ufficio Internazionale Cattolico per l’Infanzia: «Vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”. Mi diceva, poco più di una settimana fa, un grande educatore: “A volte, non si sa se con questi progetti – riferendosi a progetti concreti di educazione – si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione”». 

Anche questa è una frase particolarmente cara a padre Maurizio Botta, che nel citarla a proposito dei terrificanti tentativi di introdurre l’ideologia lgbt e gender nelle nostre scuole, è solito ricordare come se Benedetto XVI avesse detto una frase del genere sarebbe stato pubblicamente crocifisso dall’intera stampa mondiale.

Cinquant’anni fa Pasolini aveva visto con lucida chiarezza l’inizio dell’invasione che all’inizio del terzo millennio è ormai sotto gli occhi di tutti. La teoria del gender è solo l’ultimo anello di una lunga catena che ci sta portando ad una Nuova Preistoria, a quello che alcune correnti artistiche d’avanguardia chiamano già il post-human, ad un neopaganesimo imperante che dopo aver rifiutato Cristo intende inventare un nuovo modello di uomo del tutto emancipato da qualsiasi forma di autorità paterna, un uomo-isola sempre più rinchiuso in un mondo virtuale di edonismo autoreferenziale, sempre più apparentemente libero di scegliere e di scegliersi, ma in realtà sempre più incapace di pensare, vivere, soffrire e donarsi.




In Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, insomma nell’Europa del Sud – guarda caso Paesi in forte crisi economica e fortemente soggetti al controllo e all’influenza di quei Paesi nordici che già da tempo sembrano aver apostatato Cristo e che non hanno voluto riconoscere le radici cristiane dell’Europa – si sta giocando una partita decisiva per il futuro dell’umanità e del concetto stesso di uomo.  

In questa battaglia epocale, facciamo risuonare ancora nei nostri cuori le parole di papa Francesco, perché non ci perdiamo mai d’animo: «Il mondo ha bisogno di famiglie buone e forti per superare queste minacce! […] Ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa. Il futuro dell’umanità, come ha detto spesso san Giovanni Paolo II, passa attraverso la famiglia (cfr Familiaris consortio, 85). Il futuro passa attraverso la famiglia. Dunque, custodite le vostre famiglie! Proteggete le vostre famiglie! Vedete in esse il più grande tesoro della vostra nazione e nutritele sempre con la preghiera e la grazia dei Sacramenti. Le famiglie avranno sempre le loro prove, non hanno bisogno che gliene aggiungiate altre! Invece, siate esempi di amore, perdono e attenzione. Siate santuari di rispetto per la vita, proclamando la sacralità di ogni vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. Che grande dono sarebbe per la società se ogni famiglia cristiana vivesse pienamente la sua nobile vocazione! Allora, alzatevi con Gesù e Maria e disponetevi a percorrere la strada che il Signore traccia per ognuno di voi».


martedì 10 febbraio 2015

La storia di Cosimo Fragomeni


Fratel Cosimo

Cosimo Fragomeni nasce a Placanica, paese dell’entroterra jonico reggino, in una casetta modesta nella borgata di ‘Santa Domenica’, il 27 gennaio 1950, primogenito di due figli dei coniugi Ilario Fragomeni e Maria Mazzà, gente umile, impegnata a coltivare la terra, ma serena e fiduciosa nell’aiuto della Provvidenza.
Piccola frazione del comune di Placanica, Santa Domenica all’epoca era raggiungibile a piedi o a dorso di un asino, attraverso una mulattiera. Si trattava di un’anonima borgata ‘ferita’ dall’esodo di massa che aveva strappato e portato via migliaia di giovani calabresi costretti ad abbandonare affetti e fazzoletti di terra, in cerca di lavoro e di dignità. La gente rimasta aveva reagito alla fatica di vivere  con orgoglio e determinazione, necessarie per condurre una esistenza di stenti, e con un forte radicamento alla fede, che si traduceva in una diffusa solidarietà. 
_LAS9662
Fu in questa famiglia, dove regnavano il vicendevole rispetto e la pace, che il piccolo Cosimo trovò le profonde radici cristiane che alimentarono nelle pieghe più intime della sua anima un precoce anelito alla santità e la vocazione alla pietà cristiana. L’infanzia del piccolo Cosimo trascorse in serena semplicità, mentre la madre, donna pia e umile, che lo educò alla fede e alle virtù cristiane, non tardò a capire che il suo non era un bambino come gli altri. Pur avendo conosciuto assai presto la durezza della vita, Cosimo era un bambino ubbidiente e buono, che condivideva volentieri la fatica e il lavoro dei suoi cari, aiutando il padre ad accudire il gregge tra radure e campagne solcate da sentieri pietrosi levigati dalla pioggia e bruciati dal sole e dove, nella quiete solenne della natura, incominciò a pregare e a meditare. Uno gli aspetti più sorprendenti dei suoi primissimi anni fu, infatti, l’intimità speciale che ebbe con la  Madre di Dio e la precocità con cui corrispose alla grazia: tante le circostanze straordinarie e prodigiose che scandirono la sua verde età, fatti misteriosi che costituiranno chiare indicazioni del suo santo e luminoso avvenire.
Man mano che cresceva in grazia confortato com’era dall’esempio delle virtù dei genitori, Cosimo sembrava già bramare un’ideale di vita ascetica. Un’anima tesa verso l’alto che già vibrava di una speciale intima passione spirituale. Esperienze mistiche riportate fedelmente e dettagliatamente in una trentina di lettere, in alcune delle quali Cosimo racconta delle apparizioni della Vergine Immacolata, avvenute, dall’11 al 14 maggio 1968, all’imbrunire, mentre si accingeva a rientrare a casa dopo una giornata di duro lavoro nei campi, su un enorme masso coperto da cespugli e rovi divenuto, da allora, ‘Lo Scoglio delle apparizioni’, oggi meta incessante di pellegrinaggi. Una esperienza straordinaria che infiammò d’amore il cuore del giovane, all’epoca diciottenne, che accogliendo nella fede le indicazioni che la Madonna gli affidò attraverso quattro messaggi rivolti all’intera umanità, diede inizio ad una straordinaria opera di evangelizzazione per la salvezza dei peccatori. Una epifania di grazia, che trasformò l’umile contadino in un testimone della carità cristiana, capace di parlare al cuore della gente.
Un esercizio costante alla santità che Cosimo, soprattutto la sera, continua nella sua stanzetta fredda e umida (che minerà il suo giovane corpo già provato dai digiuni e dalle mortificazioni) e che diventerà luogo privilegiato di tante manifestazioni mistiche straordinarie, sempre riferite dal giovane a don Rocco Gregorace, (sacerdote, all’epoca, di Placanica) che per primo ebbe il privilegio di conoscere le sue confidenze. Pur essendo senza istruzione (per aiutare in famiglia, Cosimo fu costretto ad interrompere gli studi in prima media) la sua lingua si distingue per le sottigliezze teologiche e per il gergo erudito. Una freschezza di linguaggio, conciso e diretto, che penetra nelle pieghe più intime dell’animo e induce il peccatore a rivedere i propri comportamenti per rimettere la propria esistenza sulla retta via. Paragonato per le sue virtù profetiche e taumaturgiche al Santo di Pietrelcina, la straordinaria vita dell’umile contadino, diventato per tutti fratel Cosimo, dopo avere scelto il duro cammino della penitenza e della preghiera, in particolare di quella preghiera tanto gradita alla Madonna, il Santo Rosario, testimonia la profonda unione con Cristo sofferente che si manifesta in una amorevole carità verso i malati. Una vita, la sua, tutta mariana, spesa al servizio della Verità; e infatti, in tanti anni di annuncio coraggioso del Vangelo, con l’invito ad edificare la propria vita su Cristo, fratel Cosimo, ha invocato, per molti peccatori, il prodigio della conversione e per tanti sofferenti la guarigione. 
Holy Mary Statue


«Ti chiedo il favore di trasformare questa valle; qui desidero un grande centro di spiritualità, dove le anime troveranno pace e ristoro. In questo luogo, Dio vuole aprire una finestra verso il cielo; qui, per la mia mediazione, vuole manifestare la Sua misericordia!» 

Era l’11 maggio 1968 a Santa Domenica di Placanica quando, da un enorme masso coperti di cespugli e rovi, la Madonna pronunciò queste parole a Cosimo Fragomeni, oggi conosciuto come Fratel Cosimo. La Vergine apparse per i successivi 3 giorni, sempre sullo stesso scoglio, dove Cosimo si ritirava per meditare il Santo Rosario.

Oggi questo piccolo luogo è conosciuto da tutto il mondo come la Madonna dello Scoglio ed è divenuto meta di migliaia di fedeli provenienti da ogni parte del globo: francesi, tedeschi, austriaci, americani, svizzeri, spagnoli, portoghesi, libanesi, ma anche giapponesi, australiani, neozelandesi e africani. Si stimano infatti oltre 600mila presenze annue.

In merito alla straripante devozione per la “Lourdes d’Italia”, mons. Morosini, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, ha detto: “Molti si pongono la domanda del perché tanta gente, da oltre quarant’anni continua a recarsi, costantemente, allo Scoglio. Notando l’ambiente circostante, le difficoltà viarie e la mancanza di opere d’arte o di svago, la risposta non può essere che unica: digitus Dei est hic, qui, in questo luogo, c’è la presenza di Dio. Lo dimostrano la pietà dei fedeli, le code presso i confessionali, la preghiera silenziosa di fronte alla statua della Vergine, il raccoglimento e il silenzio durante le celebrazioni sacre.”

Intanto il desiderio espresso dall’Immacolata è in piena fase di realizzazione. Il 1 giugno 2013 è stata posata, proprio da mons. Morosini, la prima pietra del santuario della Madonna dello Scoglio e tutt'ora i lavori sono in corso d'opera. La pietra è sata benedetta da Papa Francesco, che ha incontrato personalmente Fratel Cosimo in Vaticano e ha dato così la definitiva approvazione della Chiesa per questo straordinario avvenimento di fede.

I pellegrini accorrono anche per implorare la Grazia di guarigione per sé o per i loro cari. Molteplici testimonianze riconoscono il miracolo della guarigione per mezzo di Fratel Cosimo. Lui, che si limita solamente a guidare le preghiere durante le adunanze di massa, viene indicato come strumento preferito della volontà di Dio che opera per mezzo di lui solo attraverso la preghiera e la fede.




Il caso più eclatante risale all’agosto del 1986, quando Rita Tassone, giovane signora di Serra San Bruno, dopo 13 anni di sofferta malattia, dallo “Scoglio” proclamò la sua guarigione da un tumore osseo che la costringeva su una sedia a rotelle. Oggi la Tassone vive serena accogliendo col sorriso i curiosi nel suo bar, lo storico “Bar Fiorindo” nella città della millenaria Certosa. E le guarigioni volute dal buon Dio attraverso la preghiera del contadino di Santa Domenica si susseguono sempre più e durante le preghiere di massa, anche sotto il sole torrido o nelle giornate dell’inverno rigido, c’è chi stringe fra le mani la foto di un congiunto che non ha potuto presenziare, sperando nel miracolo. Su quella spianata e tra i sentieri in lontananza, la moltitudine di gente non avverte il caldo o il freddo o la stanchezza dei chilometri attraversati a piedi per arrivare fin lassù, anzi è come presa da un senso di pace coinvolta come è dalla preghiera collettiva e dal carisma di quel semplice contadino tanto privilegiato.

Romeo Magherescu, ortodosso e docente di filosofia a Bucarest, venuto allo Scoglio nel 1994, ha lasciato questa testimonianza: “Ho visto alcuni tremare: il mondo restava lontano. Senza volerlo anch’io ero scosso dallo stesso tremore, per la Pace e il senso di tranquillità che s’impossessava di noi tutti: il miracolo si produceva sotto i nostri occhi, la fede si rivelava più forte lì nelle contrade benedette dalla Madonnina… Fratel Cosimo, e lui stesso lo dice con fermezza, non è altro che il vaso e lo strumento di cui si serve la Protettrice… io che provengo dalla Romania, da un’altra terra difficile e bellissima come l’Italia, io, ortodosso, scampato ai pericoli del passato comunismo, ho ringraziato, come tutti quanti, il soffio guaritore della Fede…”.

(da www.aleteia.org)

La storia di Julia Crotta


45 ANNI RECLUSA PER DIO,

 IN UNA CELLA DI 5 METRI PER 3


di Daniela Bovolenta (da «La Croce» 7 febbraio 2015)


Suor Maria Nazarena, che visse quarantacinque anni reclusa per Dio, in una cella di 5 metri per 3


«Vieni con me nel deserto»: è la voce che sente una giovane americana di origini italiane, Julia Crotta, musicista, sportiva – è molto alta e gioca a basket da campionessa –, studentessa modello. Julia ha ventisette anni, sta partecipando quasi per caso a un ritiro spirituale in preparazione alla Pasqua e vive quella che definirà una nox beatissima, un’esperienza che cambia il corso della sua vita, durante la quale Gesù in persona la chiama a fargli compagnia nel deserto e il cui esito finale saranno quarantacinque anni di reclusione monastica. 

Non capisce subito cosa le è richiesto e non sa davvero come metterlo in pratica. Valuta anche la possibilità di recarsi materialmente nel deserto della Palestina, ma ha l’equilibrio e il buon senso di ascoltare fedelmente i consigli del proprio direttore spirituale. «Non mi fido assolutamente di quanto provo, anche quando credo che venga da lui [Dio]. Mi fido invece di chi parla nel suo nome», scriverà anni dopo. Anche in seguito, nei lunghi anni di prova spirituale, quando ogni tentativo di seguire la sua particolarissima vocazione sembra destinato a fallire, Julia non farà mai nulla, non prenderà decisioni, senza il consenso del proprio direttore spirituale, che per lei rappresenta la voce della Chiesa e, in ultima istanza, la voce di Cristo in terra. Julia è tanto decisa nel perseguire il proprio dovere, quanto è docile nel cambiare i propri piani quando è certa di fare la volontà di Dio: «Le parole di Dio trapassano come un lampo potente. Senza che neppure ci si accorga, si fa quanto comandano».

Passeranno undici anni da quella prima chiamata al deserto, senza che Julia mai abbandoni il suo proposito e mai scalpiti per fare di testa sua. Riuscirà infine a trovare la sistemazione che desidera a Roma, presso il monastero di Sant’Antonio abate, come reclusa dell’ordine camaldolese. Il 21 novembre 1945 Julia viene ricevuta da papa Pio XII, il quale le dà la sua benedizione, legge il regolamento di vita che Julia ha stilato per la propria reclusione, teme che sia troppo esigente per la giovane donna, ma alla fine l’approva. Subito dopo monsignor Giulio Penitenti, che si è occupato della sua sistemazione, accompagna Julia nella cella dalla quale non uscirà più fino alla fine della sua vita. Di questo momento Julia scriverà: «Capii che egli mi offriva a Dio per tutta la Chiesa».

Per tutta la vita Julia, ormai suor Maria Nazarena, sarà una donna forte, equilibrata, allegra, così la descrivono le uniche persone con cui ha rarissimi contatti: padre Anselmo Giabbani, a lungo Procuratore generale dell’Ordine camaldolese e suo padre spirituale fino alla fine della vita, e la Madre Abbadessa del monastero presso cui risiede.
«Mai, in questi 43 anni, ho provato tristezza, noia; al contrario una gioia sempre nuova, che non perde la sua freschezza. Come quella dell’eternità», scrive suor Nazarena un paio d’anni prima di morire, nei ricordi autobiografici estesi su insistenza del padre Giabbani. Allo stesso padre sono indirizzate gran parte delle sue lettere, nelle quali suor Nazarena alterna una devozione filiale al suo direttore spirituale a numerosi consigli fraterni, che riguardano la vita dello spirito, la riforma dell’Ordine camaldolese, i rapporti di padre Giabbani con i confratelli.

L’ordine camaldolese è sin dalle sue origini, per volontà del suo fondatore san Romualdo, diviso in un ramo cenobitico e in uno eremitico e nella sua lunga storia si contano numerosi casi di veri e propri reclusi. Suor Nazarena è consapevole della straordinarietà della propria vocazione e consiglia che il responsabile dell’Ordine ottenga dai suoi monaci con la dolcezza e con la persuasione quei sacrifici e quell’austerità di vita ai quali lo spirito si ribellerebbe, se fossero imposti con la forza. Sa bene che neppure la vita eremitica può essere indistintamente allargata a tutti i monaci e soprattutto che non ci si può arrivare se non dopo un lungo percorso di preparazione spirituale. 

Tale preparazione era avvenuta per lei grazie al crogiolo di sofferenze attraverso cui era passata durante gli undici anni intercorsi tra la chiamata al deserto e il suo ingresso nella cella di reclusione. Aveva tentato alcune comunità religiose molto rigorose, come era allora il Carmelo, ma l’evidente distanza tra la vita che vi si conduceva e la percezione interiore della propria vocazione l’avevano portata a uno stato di consunzione tale da far temere per la sua salute. Nazarena però sa che non avrebbe potuto affrontare la solitudine, i rischi di desolazione e di esaltazione che comporta, il rischio fortissimo di illudersi circa la propria condizione spirituale, senza essere passata in precedenza da un lungo periodo di prova.

La regola di vita di suor Nazarena è molto rigorosa: vive in una cella di cinque metri per tre, dorme, senza materasso e cuscino, su una cassapanca di legno a cui è stata inchiodata una croce, lavora alcune ore al giorno intrecciando le palme che si distribuiscono nel periodo di Pasqua, ha momenti di preghiera, di studio e di lectio divina, partecipa alla Messa da una finestrella con grata, attraverso la quale riceve la comunione, ha un regime alimentare a pane e acqua quasi tutti i giorni della settimana (alcuni giorni si aggiungono un cucchiaino d’olio, un po’ di frutta o di verdura, o ancora un poco di marmellata), ulteriormente inasprito in quaresima e nei tempi penitenziali della Chiesa. Eppure sarà sempre sana, equilibrata, di buon umore. Nazarena, che da giovane aveva avuto un appetito robusto, scrive: «Soffro la fame (e ne sono contenta; altrimenti non avrei nulla da offrire), ma è sopportabile».

La chiave della vita di suor Nazarena è un’offerta totale di sé, in unione alle sofferenze di Cristo, per il bene delle anime e della Chiesa, ma nel totale nascondimento: «La supplico di non dire più nulla di me, lasci cadere tutto nel vuoto, nel silenzio. Credo che l’ora di Dio sia ancora molto lontana. Ho l’impressione che scoccherà solo dopo la mia morte».
Le sue lettere, i suoi ricordi autobiografici, riportano un’esperienza fuori dal tempo, con parole e accenti che richiamano quelli dei padri del deserto, una profonda conoscenza della Bibbia e della patristica traspare anche attraverso l’italiano talora incerto che usa.

Suor Nazarena muore a 82 anni, nella sua cella, esattamente venticinque anni fa, il 7 febbraio 1990, proprio il giorno in cui i benedettini camaldolesi fanno memoria di san Romualdo: attorno a lei sono riunite le monache sue consorelle, molte delle quali la vedono in volto per la prima volta. Dopo poche ore di malore, ricevuta la benedizione di padre Giabbani, viene portata una poltrona nella cella – per quarantacinque anni non aveva mai avuto né una sedia né un tavolo – per permetterle di respirare meglio, la comunità la raggiunge e la circonda, cantando l’inno Canta la sposa.

«Vedo che non ho altro da offrire a Dio, all’Ordine, alla Chiesa, che un grande dono di Dio che mi può essere tolto ogni momento: una speranza senza limiti nell’amore, nella potenza, nella misericordia infinita di Dio e nella Regina e Madre celeste. Speranza che mi ha dato la forza durante tutti questi anni di dire sempre “Ora comincio”».

sabato 7 febbraio 2015

La storia di Mickey Robinson


Dio Esiste, l’ho incontrato. 

Ero morto e sono rinato.


179224



Mickey Robinson, paracadutista americano, tornato dall’aldilà in seguito ad un incidente aereo, testimonia il suo incontro con Dio dopo la morte.
Mickey, rimasto intrappolato in un aereo precipitato e salvato miracolosamente dalle fiamme, descrive il suo ritorno dal “luogo dei morti” e il suo personale incontro con Dio e l’ Oscurita’ della sua stessa vita. Le sensazioni da lui provate sono indescrivibili, non si tratta tanto della storia di una tragedia, ma di un uomo che toccando la morte ha scoperto la vita vera.




venerdì 6 febbraio 2015

La storia di Gabriel Martinez



La conversione di Gabriel, dalla sinistra libertaria anticlericale alla Chiesa cattolica. Per amore di una donna





Cresciuto in una famiglia dove la bibbia era Il capitale di Marx, Gabriel “Gabi” Martinez, economista spagnolo oggi 52enne, ha vissuto mezza vita da militante della sinistra estrema, fiancheggiando l’Eta e seguendo uno stile di vita radicalmente “liberal” e anticlericale. Per cadere infine vinto nelle braccia della sua peggior nemica: la Chiesa cattolica. Aveva scoperto, come ha spiegato recentemente alla tv spagnola, che ciò che odiava era in realtà l’unica cosa in grado di risolvere «la mia insoddisfazione».

L’IDEALE DEL PIACERE. «Mio padre era per la società proposta dagli ideologi marxisti», racconta Martinez a tempi.it. «Perciò l’educazione ricevuta in casa nostra non poteva che essere all’insegna dell’uguaglianza e della libertà: le aziende dovevano essere guidate dai lavoratori, tutti i membri di una famiglia avere lo stesso peso, senza alcuna autorità sovrapposta». Ma quella libertà, comprende oggi l’economista convertito, non era altro che uno strumento per raggiungere un ideale del tutto borghese dato che «la comunità così concepita serviva solo al benessere del singolo». Era in un certo senso logico che questo si traducesse per lui in un’adolescenza vissuta cercando «tutto il piacere possibile: marijuana, alcol, sesso, furto».

LA CRESIMA E L’ETA. Quando però il padre perse il lavoro e la famiglia cambiò città, continua Martinez, accadde un fatto; la prova, secondo lui, che «Dio già lavorava». Tutte le scuole erano piene e il giovane Gabi fu iscritto in un istituto cattolico. Anche lui come i compagni volle ricevere i sacramenti, e quando per caso incontrò un sacerdote dal quale si sentì amato decise di chiedere anche la cresima. Fino a 16 anni, comunque, la sua vita è stata «come quella di un qualsiasi giovane di una famiglia non credente. Ma poi le mie amicizie con persone di ideologia libertaria si ampliarono. Cominciai a interessarmi a quella cultura e a collaborare politicamente con la sinistra radicale. Alcuni dei miei amici appartenevano a partiti vicini all’Eta, e con loro partecipai a qualche attività locale, per fortuna senza mai nuocere fisicamente a nessuno».


martinez-gabi-giovane





UNA VITA SENZA INIBIZIONI. Non erano certo le riflessioni esistenziali la sua occupazione principale. Di quegli anni Martinez ricorda solo che «non pensavo più che Dio esistesse e che non fosse necessario perdere tempo in queste cose». Il ragazzo militava a sinistra e per il resto del tempo pensava solo «al sesso, alla musica e alla droga». Se riuscì comunque a laurearsi in economia fu esclusivamente per il grande sforzo «motivato solo dai vantaggi economici che avrei potuto raggiungere». Nel frattempo si convinceva sempre di più che «qualsiasi pratica fosse buona, fumare marijuana o altre droghe, fare sesso senza impegno, anche con la donna di un amico senza bisogno di nasconderlo, promuovendo rivolte contro i poteri istituzionali, il governo e la Chiesa». Adesso Martinez si sente di dover ringraziare Dio: «È stato Lui che non mi ha permesso di cadere nelle droghe pesanti. Già allora probabilmente mi stava preparando a una conversione radicale».


L’AMORE PER ANGELA. Di lì a poco, infatti, il giovane rivoluzionario si innamorerà di Angela, una donna cattolica. «Mi attirava tutto quello che era fuori dall’ordinario – spiega Martinez – e quella donna era una sfida per me: che fosse cattolica non era un problema, pensavo, in breve avrebbe cambiato idea. Ma non andò così. Al contrario, fui io a vedere in lei un modo di vivere che mi interrogava e mi attraeva. Aveva un modo diverso di rapportarsi con le persone, non faceva alcuna distinzione tra di loro, non parlava mai male di nessuno, dava i soldi ai poveri. E poi era allegra e si divertiva senza bere alcol, era un’altra cosa. Quando mio padre mi scoprì voleva uccidermi: “Gabriel, ti hanno ingannato”, mi diceva». Martinez era stato educato a pensare che la religione fosse l’oppio dei popoli, una volta lo aveva perfino scritto in grande sul muro di una Chiesa. Ovvio che con Angela «furono tre anni duri. Discutevamo e io cercavo di dimostrarle che le sue erano illusioni. Non la lasciai solo perché ero innamorato». Quella ragazza «viveva la fede seguendo il cammino neocatecumenale: parlava molto della Chiesa, dei sacerdoti, del Papa, e questo mi uccideva e mi ingelosiva. E in fondo pensavo che il suo essere cattolica, l’osservare i comandamenti e la legge della Chiesa sarebbe finito presto».


gabi-angela-giovani



UN AUT AUT LIBERANTE. Invece fu lui a cambiare idea. «Cominciai a fare soldi, facevo affidamento sul “dio denaro” come base della mia felicità e questo mi spinse lontano dall’ideologia politica. Intanto Dio, con questa donna, veniva a liberarmi da ogni schiavitù, che mi legava alle cose materiali. Vivevo una doppia vita contrapposta alle mie convinzioni marxiste, e tutto quello che pensavo io era incoerente con lo stile di vita della mia ragazza: era tutto un caos». La situazione divenne insostenibile, finché la donna, su consiglio delle sue guide spirituali, si decise a mettere Martinez davanti a un aut aut. «O provavo a partecipare agli incontri che frequentava lei o ci saremmo lasciati. Può apparire come una cosa contraria alla libertà, ma oggi io ringrazio per essere stato messo davanti a quella alternativa: ha salvato il nostro rapporto, che dura ancora oggi». Quello è stato il cedimento finale, quando «l’amore ha vinto l’orgoglio».


UNA CHIESA DIVERSA. Del resto Martinez era ancora convinto che nulla in fondo sarebbe cambiato per lui: «Semplicemente dovevo frequentare una catechesi due giorni alla settimana». Solo che, messo piede in chiesa dopo anni di assenza, l’ormai ex libertino ha scoperto qualcosa che nessuno gli aveva mai detto: «C’era un Dio che mi mi amava molto, e Qualcuno si era lasciato maltrattare fino alla morte affinché potessi essere felice. Il suo unico figlio Gesù Cristo mi ha dimostrato che la mia mancanza di felicità era stata prodotta dai miei peccati». Era una Chiesa completamente diversa da quella contro cui Martinez si era sempre battuto: «Voleva essere una casa per me, dove poter essere felice mettendo in pratica il Vangelo, la Parola di Dio. Mi parlavano di qualcuno che aveva vissuto così, la Vergine stessa, mi hanno aperto gli occhi su un Dio con potere immenso e un amore che non avevo mai conosciuto».


matrimonio-martinez


NULLA DA RINNEGARE. Adesso Martinez è sposato «felicemente con 4 bambini, sono sempre stato felice, con o senza soldi», e adesso «credo nella fedeltà del matrimonio, nel rispetto della vita del nascituro, nell’accoglienza degli anziani in famiglia, nel rispetto del ricco e del povero, del datore di lavoro e del dipendente» e «nel dire senza nessuna paura la verità quando necessario, che questo sia opportuno o inopportuno, a chi vuole ascoltare e a chi no». Ma ovviamente non è finita perché «ho bisogno di preghiera quotidiana, della confessione, dell’Eucaristia, della Parola di Dio. Così posso continuare a camminare e alzarmi ogni volta che cado». Con il conforto «della Chiesa e della Vergine Maria, che ho imparato a conoscere e che mi sostiene nei momenti difficili, come fece mia madre in vita, che tanto mi ha amato nella sua debolezza». Perché nulla in questa rivoluzione radicale è da rinnegare, nemmeno «il mio santo padre che è stato uno strumento necessario per la mia conversione: se non fossi stato educato così non sarei potuto arrivare qui fra coloro che vivono bene. Lui non ha fatto altro che provare a darmi il meglio. Nei suoi ultimi giorni di vita mi confidò: “Gabriel, si è scelto il migliore”».

lunedì 2 febbraio 2015

La storia di Gloria Polo


Gloria Polo è una dentista di Bogotà che afferma di essere tornata dall'aldilà.
La sua testimonianza è davvero impressionante.





Sul suo sito internet: www.gloriapolo.com, appare un estratto (in inglese) di un intervista che ha rilasciato a Radio Maria in Colombia e che è stata tradotta in qualche modo su www.lalucedimaria.it


“Fratelli e sorelle, è meraviglioso per me condividere con voi in questo istante, l’ineffabile grazia che mi ha dato Nostro Signore, ormai più di dieci anni fa.
Mi trovavo all’Università Nazionale della Colombia a Bogotà (nel maggio 1995). Con mio nipote, dentista come me, preparavamo una lezione.
Quel venerdì pomeriggio, mio marito ci accompagnò perché dovevamo prendere dei libri alla Facoltà. Pioveva molto e mio nipote ed io stessa, ci riparavamo sotto un piccolo ombrello. Mio marito, coperto da un impermeabile si avvicinò alla biblioteca del Campus. Mio nipote ed io lo seguivamo, ci siamo diretti verso degli alberi per sfuggire agli scrosci d’acqua.
In quell’attimo siamo stati tutt’e due colpiti da un fulmine. Mio nipote è morto sul colpo; era giovane e nonostante la sua giovane età, si era consacrato a Nostro Signore; aveva una grande devozione per Gesù Bambino.
Portava ogni giorno la Sua Santa Immagine in un cristallo di quarzo sul suo petto. Secondo l’autopsia il fulmine era passato per l’immagine; carbonizzò il suo cuore e uscì sotto i suoi piedi. Esteriormente non presentava alcuna traccia di bruciature.
Per quanto mi riguarda, il mio corpo fu bruciato in modo orribile, sia all’interno che all’esterno. Questo corpo che voi ora avete davanti, risanato, lo è per la grazia della misericordia divina. Il fulmine mi aveva carbonizzato, io non avevo più i seni e praticamente tutta la mia carne e una parte delle mie costole erano scomparse. Il fulmine è uscito dal mio piede destro dopo aver bruciato quasi completamente il mio stomaco, il mio fegato, i miei reni e i miei polmoni.
Io praticavo la contraccezione e portavo una spirale intra uterina in rame. Il rame essendo un eccellente conduttore d’elettricità, carbonizzò le mie ovaie. Mi trovai perciò con un arresto cardiaco, senza vita, il mio corpo aveva dei soprassalti a causa dell’elettricità che aveva ancora.
Ma questo è solamente per quello che riguarda la parte fisica di me stessa perché, quando la mia carne fu bruciata, nello stesso istante mi ritrovai in un bellissimo tunnel di luce bianca, piena di gioia e di pace; nessuna parola può descrivere la grandezza di quel momento di felicità. L’apoteosi dell’istante era immensa.
Mi sentivo felice e piena di gioia, perché non ero più soggetta alla legge di gravità. Alla fine del tunnel, vidi come un sole da dove proveniva una luce straordinaria. Ve la descriverei come bianca per darvene una certa idea, ma in realtà nessun colore di questa terra è paragonabile a questo splendore. Ne percepivo la sorgente di tutt’amore e pace.
Mentre mi elevavo, realizzai che stavo morendo. In quell’istante ho pensato ai miei figli e mi sono detta: “Oh, mio Dio, i miei figli, che penseranno di me? La mamma molto attiva che ero stata, non ha mai avuto tempo da dedicare a loro!” Mi era possibile vedere la mia vita quale era stata realmente e questo mi rattristava. Lasciavo la casa ogni giorno per cambiare il mondo e non ero mai stata capace di occuparmi dei miei figli.
In quell’istante di vuoto che provavo a causa dei miei figli, vidi qualcosa di magnifico: il mio corpo non faceva più parte dello spazio e del tempo. In un istante mi era possibile abbracciare con lo sguardo tutto il mondo: quello dei vivi e quello dei morti.
Ho potuto sentire i miei nonni e i miei genitori defunti. Ho potuto stringere a me tutto il mondo, era un bellissimo momento! Capii allora di aver sbagliato credendo alla reincarnazione di cui mi ero fatta avvocato.
Io avevo l’abitudine di “vedere” dappertutto mio nonno e mio bisnonno. Ma là essi mi abbracciavano ed ero in mezzo a loro. Nel medesimo istante eravamo vicini a tutte le persone che io avevo conosciuto nella mia vita.
Durante questi momenti così belli fuori dal mio corpo, avevo perduto la nozione del tempo. Il mio modo di vedere era cambiato: (sulla terra) distinguevo tra chi era grasso, chi era di altra razza o disgraziato, perché avevo sempre dei pregiudizi. Fuori del mio corpo, consideravo le persone interiormente (l’anima), . Com’è bello vedere la gente interiormente (l’anima)!
Io potevo conoscere i loro pensieri e i loro sentimenti. Io li abbracciavo tutti in un istante mentre continuavo a salire sempre più in alto e piena di gioia. Capii allora che potevo godere di una vista magnifica, di un lago di una bellezza straordinaria.
Ma in quel momento, sentii la voce di mio marito che piangeva e mi chiamava singhiozzando: ”Gloria, ti prego, non andartene! Gloria svegliati! Non abbandonare i ragazzi, Gloria” L’ho guardato e non solo l’ho visto ma ho sentito il suo profondo dolore.
E il Signore mi ha permesso di tornare anche se non era mio desiderio. Io provavo una cosi grande gioia, tanta pace e felicità! Ed ecco che discendo ormai lentamente verso il mio corpo dove giacevo senza vita. Era posto su una barella, al centro medico del Campus.
Potevo vedere i medici che mi facevano l’elettrochoc e tentavano di rianimarmi dopo l’arresto cardiaco che avevo avuto. Siamo rimasti lì per due ore e mezzo. Prima, questi dottori non ci potevano toccare perché i nostri corpi erano ancora troppo conduttori di elettricità; dopo quando poterono, si sforzarono di richiamarci alla vita.
Io mi posai vicino alla testa e sentii come uno choc che mi entrò violentemente all’interno del mio corpo. Questo fu doloroso perché  faceva scintille da tutte le parti. Mi vidi incorporata a qualcosa di così stretto. Le mie carni morte e bruciate mi facevano male, sprigionavano fumo e vapore.
Ma la ferita più orribile era quella della mia vanità: ero una donna di mondo, un dirigente, un’ intellettuale, una studiosa schiava del suo corpo, della bellezza e della moda. Io facevo della ginnastica quattro ore al giorno, per avere un corpo snello: massaggi, terapie, diete di ogni genere, etc. Questa era la mia vita, una routine che mi incatenava al culto della bellezza del corpo. Io mi dicevo: “Ho dei bei seni, tanto vale mostrarli. Non c’è nessuna ragione di nasconderli.”
Lo stesso per le mie gambe, perché credevo di avere delle belle gambe e un bel petto! Ma in un istante, avevo visto con orrore che avevo passato la mia vita a prendermi cura del mio corpo. L’amore per il mio corpo era divenuto il centro della mia esistenza.
Ora, in questo momento, non avevo più corpo, niente petto, niente se non un orribile buco. Il mio seno sinistro in particolare era sparito. Ma il peggio era che le mie gambe non erano che piaghe aperte senza carne, completamente bruciate e carbonizzate.
Di là, mi trasportano all’ospedale dove mi dirigono d’urgenza alla sala operatoria e cominciano a raschiare e pulire le bruciature.
Quando ero sotto anestesia, ecco che esco di nuovo dal mio corpo e vedo ciò che i chirurghi sono in procinto di farmi. Ero preoccupata per le mie gambe.
Di colpo passai un momento orribile: tutta la mia vita, non ero stata che una cattolica di “regime”: Il mio rapporto con il Signore era la Santa Messa della domenica, per non più di 25 minuti, là dove l’omelìa del sacerdote era più breve, perché non ne potevo sopportare di più. Tale era la mia relazione con il Signore. Tutte le correnti (di pensiero) del mondo m’avevano influenzato come una banderuola.
Un giorno, quand’ero già dentista professionista, avevo sentito un prete affermare che l’inferno come i diavoli, non esistevano. Ora, questa era la sola cosa che mi tratteneva per frequentare la Chiesa. Sentendo tale affermazione, mi dissi che saremo andati tutti in paradiso, indipendentemente da quello che siamo e mi allontanai completamente dal Signore.
Le mie conversazioni divennero malsane perché non potevo più reprimere il peccato. Cominciai a dire a tutti che il diavolo non esisteva e che quella era una invenzione dei preti, che c’era della manipolazione…
Quando uscivo con i miei colleghi dell’università, dicevo loro che Dio non esisteva e che noi eravamo un prodotto dell’evoluzione. Ma in quell’istante, là, nella sala operatoria, ero veramente terrorizzata, vedevo dei diavoli venire verso di me perché io ero la loro preda. Dai muri della sala operatoria vidi spuntare molta gente.
All’inizio, sembravano normali, ma in seguito mi resi conto che avevano dei visi pieni di odio, detestabili. In quel momento, per una certa perspicacia che mi fu data, capii che io appartavo a ciascuno di loro. Compresi che il peccato non era senza conseguenze e che la menzogna più infame del demonio, era quella di far credere che egli non esisteva.
Io li vedevo tutti venire a cercarmi, immaginate il mio spavento! Il mio spirito intellettuale e scientifico non mi era di nessun aiuto. Volevo ritornare nel mio corpo , ma quello non mi lasciava entrare. Corsi allora verso l’esterno della stanza, sperando di nascondermi da qualche parte tra i corridoi dell’ospedale, ma di fatto finii per saltare nel vuoto.
Cadevo in un tunnel che mi aspirava verso il basso. All’inizio c’era della luce e il posto assomigliava a un alveare d’api. C’era moltissima gente. Ma presto cominciai a discendere passando per dei tunnels completamente oscuri.
Non c’è alcun paragone tra l’oscurità di quel luogo e la più totale oscurità della terra quando non potrebbe comparire la luce delle stelle. Questa oscurità suscita sofferenza, orrore e vergogna. L’odore era pestilenziale.
Quando infine finii di discendere questi tunnels, atterrai su una piattaforma. Io che avevo l’abitudine di dichiarare che avevo una volontà d’acciaio e che nulla era troppo per me… là, la mia volontà non serviva a niente, non riuscivo affatto a risalire.
A un certo punto, vidi aprirsi al suolo come un gigantesco baratro e un immenso abisso senza fondo. La cosa più orribile di questo buco spalancato era che vi si percepiva l’assenza assoluta dell’amore di Dio e questo, senza la minima speranza.
Il precipizio mi aspirava ed ero terrificata. Sapevo che se andavo là dentro, la mia anima ne moriva. Io ero trascinata verso questo orrore, qualcuno m’aveva preso per i piedi. Il mio corpo entrava ormai in questo buco e fu un momento di estrema sofferenza e di spavento.
Il mio ateismo mi abbandonò e cominciai a gridare verso le anime del Purgatorio per avere dell’aiuto. Mentre urlavo, sentivo un dolore fortissimo perché mi fu dato di capire che migliaia e migliaia di esseri umani si trovavano là, soprattutto dei giovani.
E’ con terrore che sento stridore di denti, grida orribili, e dei gemiti che mi scuotevano nel più profondo del mio essere. Mi sono stati necessari degli anni prima di rimettermi, perché ogni volta che mi ricordavo di questi istanti, piangevo pensando alle loro terribili sofferenze. Compresi che è là che vanno le anime dei suicidi, che in un attimo di disperazione, si ritrovano in mezzo a questi orrori. Ma il tormento più indicibile, era l’assenza di Dio. Non si poteva percepire Dio.
In quei tormenti, mi sono messa a gridare: ”Chi ha potuto commettere un errore simile? Io sono quasi una santa: non ho mai rubato, non ho mai ucciso, ho dato da mangiare ai poveri, ho fatto cure dentarie gratuite a che ne necessitava; che ci faccio qui? Io andavo alla Messa la domenica… non ho mai mancato alla messa domenicale, non più di cinque volte nella mia vita! Allora perché sono qui? Io sono cattolica, vi prego, sono cattolica, fatemi uscire di qui!”
Mentre gridavo che ero cattolica scorsi un debole bagliore. E vi posso assicurare che in quel posto la più piccola luce era il più bello dei doni. Vidi dei gradini al di sopra del precipizio e ho riconosciuto mio padre, deceduto cinque anni prima. Molto vicina e quattro gradini più in alto, stava mia madre in preghiera, illuminata di più dalla luce.
Il vederli, mi riempì di gioia e dissi loro: ”Papà, Mamma, fatemi uscire! Vi supplico, fatemi uscire!" Quando si chinarono verso l’abisso. Voi dovreste vedere il loro immenso dispiacere.
In quel posto, potete percepire i sentimenti degli altri e sentire le loro pene. Mio padre si mise a piangere tenendo la testa tra le sue mani: ”Figlia mia, figlia mia!” diceva. Mamma pregava e capii che non mi potevano far uscire di là, la mia pena si accrebbe della loro perché essi condividevano la mia.
Così, mi misi a gridare di nuovo: “Vi supplico, fatemi uscire di qui! Io sono cattolica! Chi ha potuto commettere un tale errore? Vi supplico, fatemi uscire di qui!"
Questa volta, una voce si fece sentire, una voce così dolce che fece tremare la mia anima. Tutto allora fu inondato d’amore e di pace e tutte queste tetre creature che mi circondavano scapparono perché non possono stare di fronte all’Amore. Questa voce preziosa mi dice: ”Benissimo, poiché tu sei cattolica, dimmi quali sono i comandamenti di Dio.”
Ecco una mossa sbagliata da parte mia. Sapevo che aveva dieci comandamenti, punto e nient’altro. Che fare? Mamma mi parlava sempre del primo comandamento d’amore: non avevo che da ripetere ciò che lei mi diceva. Pensai di improvvisare e nascondere così la mia ignoranza degli altri (comandamenti). Credevo di potermela cavare, come sulla terra dove trovavo sempre una buona scusa; e mi giustificai difendendomi per mascherare la mia ignoranza.
Dissi: “Amerai il Signore, tuo Dio al di sopra di tutto ed il prossimo come te stesso”. Sentii allora: “Benissimo, li hai tu amati?” I risposi. “Sì li ho amati, li ho amati, li ho amati!”
E mi fu risposto: “No. Tu non hai amato il Signore tuo Dio al di sopra di tutto e ancora meno il tuo prossimo come te stessa. Tu ti sei creata un dio che adattavi alla tua vita e te ne servivi solamente nel caso di urgente bisogno.
Tu ti prosternavi davanti a lui quando eri povera, quando la tua famiglia era umile e quando desideravi andare all’università. In quei momenti, pregavi sovente e ti inginocchiavi per delle ore per supplicare il tuo dio di farti uscire dalla miseria; perché ti accordasse il diploma che ti permetteva di diventare qualcuno. Ogni volta che avevi bisogno di soldi recitavi il rosario. Ecco la tua relazione con il Signore”.
Sì, devo riconoscere che prendevo il rosario e aspettavo del denaro in cambio, tale era la mia relazione con il Signore. Mi fu dato da vedere subito il diploma preso e la notorietà ottenuta, non ebbi mai il minimo sentimento d’amore per il Signore. Essere riconoscente, no, mai! Quando aprivo gli occhi al mattino, non avevo mai un grazie per il giorno nuovo che il Signore mi dava da vivere, non Lo ringraziavo mai per la mia salute, per la vita dei miei figli, per tutto ciò che mi aveva donato. Era l’ingratitudine più totale. Non avevo compassione per i bisognosi. 
In pratica, tu collocavi il Signore così in basso che avevi più confidenza con i responsi di Mercurio e di Venere. Eri accecata dall’Astrologia, proclamando che le stelle dirigevano la tua vita! Tu vagabondavi verso tutte le dottrine del mondo, Credevi che saresti morta per rinascere ancora! E hai dimenticato la misericordia. Tu ti sei dimenticata che sei stata riscattata dal Sangue di Dio. 
Ora mi mette alla prova con i dieci comandamenti. Ora mi dimostra che pretendevo di amare Dio ma che in realtà, era satana che io amavo.
Così, un giorno, una donna era entrata nel mio studio dentistico per offrirmi i suoi servizi di magìa ed io le avevo detto: “Non ci credo, ma lasciate questo portafortuna qui nel caso che funzioni”. Avevo messo in un angolo un ferro da cavallo ed un cactus, tenuti per allontanare le energie cattive.
Come tutto questo era vergognoso! Questo fu un esame della mia vita a partire dai dieci comandamenti. Mi fu mostrato quel che era stato il mio comportamento faccia a faccia col mio prossimo. Mi fu fatto vedere come io pretendessi di amare Dio mentre avevo l’abitudine di criticare tutti, di puntare il dito su ciascuno, io la santissima Gloria! Mi si mostrò come ero invidiosa ed ingrata! Io non avevo mai provato riconoscenza verso i miei genitori che mi avevano dato il loro amore ed avevano fatto tanti sacrifici per educarmi e mandarmi all’Università. Dall’ottenimento del diploma, essi divennero anche miei inferiori; avevo anche vergogna di mia madre a causa della sua povertà, della sua semplicità e della sua umiltà.
Per quanto concerne il mio comportamento come moglie,mi fu mostrato che mi lamentavo sempre, dalla mattina alla sera. Se mio marito mi diceva: “Buongiorno”, io replicavo: “Perché questo giorno sia buono quando fuori piove”. Mi lamentavo anche continuamente dei miei figli: Mi fu mostrato che non avevo mai amato né avuto compassione per i miei fratelli e sorelle della terra.
E il Signore mi dice: “Tu non hai mai avuto considerazione per i malati nella loro solitudine, non hai mai tenuto loro compagnia. Non hai mai avuto compassione degli orfani, di tutti questi bambini infelici”. Avevo un cuore di pietra dentro un guscio di noce. Su questa dei dieci comandamenti, non avevo una mezza risposta corretta.
Era terribile, devastante! Ero completamente sconvolta. E mi dicevo: “Almeno non mi potrà rimproverare di avere ucciso qualcuno! Per esempio, compravo delle provviste per i bisognosi; questo non era per amore, piuttosto per apparire generosa, e per il piacere che avevo di manipolare quelli che erano nel bisogno. Dicevo loro: “Prendete queste provviste e andate al mio posto alla riunione dei genitori e dei professori perché io non ho il tempo di parteciparvi”.
Inoltre, amavo essere circondata da persone che mi incensavano. Mi ero fatta una certa immagine di me stessa.
Il tuo dio era il denaro, mi ha ancora detto. Tu sei stata condannata a causa del denaro. E’ per questa ragione che sei sprofondata nell’abisso e che ti sei allontanata dal Signore.
Noi eravamo stati effettivamente ricchi, ma alla fine eravamo diventati insolvibili, senza un soldo e peni di debiti. Per tutta risposta, gridai: “ Che denaro? Sulla terra, abbiamo lasciato un sacco di debiti!”
Quando venni ad un secondo comandamento, io vidi con tristezza che nella mia infanzia, avevo presto capito che la menzogna era un eccellente mezzo per evitare le severe punizioni di mamma. Io cominciai mano nella mano con il padre della menzogna (satana) e divenni bugiarda. I miei peccati aumentavano come le mie menzogne. Avevo osservato come mamma rispettava il Signore ed il Suo Nome Santissimo. Vi trovai un’arma per me e mi misi a bestemmiare il Suo Nome. Dicevo: "Mamma, io giuro su Dio che…”. E così evitavo le punizioni. Immaginate le mie menzogne , implicando il Nome Santissimo del Signore…
E notate, fratelli e sorelle, che le parole non sono mai vane perché quando mia madre non mi credeva, avevo preso l’abitudine di dirle: “ Mamma, se io mento, che un fulmine mi colpisca qui e subito”. Se le parole sono volate via con il tempo, si riscontra che il fulmine mi ha bella e ben colpito; mi ha carbonizzato ed è grazie alla misericordia divina che io ora sono qui.
Mi fu mostrato come, io che mi dichiaravo cattolica, non rispettassi nessuna delle mie promesse e come utilizzavo futilmente il nome di Dio.
Fui sorpresa di vedere che alla presenza del Signore, tutte queste orribili creature che mi circondavano, si prosternavano in adorazione. Vidi la Vergine Maria ai piedi del Signore che pregava ed intercedeva per me.
Per quel che riguarda il rispetto del giorno del Signore. Ero pietosa e ne provai un dolore intenso. La voce mi diceva che le domeniche, passavo quattro o cinque ore ad occuparmi del mio corpo; io non avevo nemmeno dieci minuti di azione di grazia o di preghiera da consacrare al Signore. Se cominciavo un rosario, mi dicevo: “ Lo posso fare durante la pubblicità, prima del telefilm”. La mia ingratitudine di fronte al Signore mi fu rimproverata. Quando non volevo partecipare alla Messa, dicevo a mamma: “ Dio è dappertutto, perché dovrei andare lì?…"
La voce mi ricordò ugualmente che Dio vegliava su di me notte e giorno e che in cambio io non Lo pregavo per niente; e le domeniche, non Lo ringraziavo e non Gli manifestavo la mia gratitudine o il mio amore. Al contrario, prendevo cura del mio corpo, ne ero schiava e dimenticavo totalmente che avevo un’anima e che la dovevo nutrire. Ma mai la nutrii della parola di Dio, perché dicevo che chi legge la Parola di Dio (Bibbia), diviene pazzo.
E per quanto concerne i Sacramenti, avevo sbagliato in tutto. Dicevo che non sarei mai andata a confessarmi perché quei vecchi signori erano peggiori di me. Il diavolo mi stornava dalla confessione ed è così che impediva la mia anima d’essere pulita e di guarire.
La bianca purezza della mia anima ne pagava il prezzo ogni volta che peccavo. Satana lasciava il suo marchio: un marchio oscuro. Eccetto che per la mia prima Comunione, non avevo mai fatto una buona confessione. A partire di là, non ho mai ricevuto il Signore degnamente.
La mancanza di coerenza aveva raggiunto un tale degrado che io bestemmiavo:“ La Santa Eucaristia? Si può immaginare Dio in un pezzo di pane?” Ecco in che stato era ridotta la mia relazione con Dio. Non avevo mai nutrito la mia anima e più ancora, criticavo i preti costantemente. Voi dovevate vedere come mi ci dedicavo! Dalla mia più tenera infanzia, mio padre aveva l’abitudine di dire che quella gente là erano ancora più donnaioli dei laici. E il Signore mi dice: “Chi sei tu per giudicare così i Miei consacrati? Questi sono degli uomini e la santità di un sacerdote è sostenuta dalla sua comunità che prega per lui, che l’ama e lo aiuta. Quando un prete commette un errore, è la sua comunità che ne è responsabile, mai lui”. Ad un certo momento della mia vita, accusai un prete di omosessualità e la comunità ne fu informata. Voi non potete immaginare il male che ho fatto!
Per quanto attiene al quarto comandamento”Onorerai tuo padre e tua madre” come vi ho detto, il Signore mi fece vedere la mia ingratitudine faccia a faccia dei miei genitori. Io mi lamentavo perché non potevano offrirmi tutte quelle cose di cui disponevano i miei compagni. Ero ingrata verso di loro per tutto quello che hanno fatto per me ed io non ero nemmeno arrivata al punto dove dicevo che non conoscevo mia madre perché lei non era al mio livello. Il Signore mi mostrò come avrei pertanto potuto osservare questo comandamento.
In effetti avevo pagato le fatture delle medicine e del medico quando i mie genitori erano malati, ma come analizzavo tutto in funzione dei soldi. Io allora ne approfittai per manipolarli ed ero arrivata a schiacciarli.
Mi sentivo male nel vedere mio padre piangere tristemente perché anche se fu un buon padre che m’aveva insegnato a lavorare duramente ed ad intraprendere, aveva dimenticato un dettaglio importante: che io avevo un’anima e che per il suo cattivo esempio la mia vita aveva cominciato a vacillare. Egli fumava, beveva, andava dietro alle donne a tal punto che un giorno suggerii a mamma di abbandonare suo marito. “Tu non dovrai più continuare per lungo tempo con un uomo come lui. Sii dignitosa, fagli vedere che vali qualcosa”. E mamma risponde: “No mia cara, io soffro ma mi sacrifico perché ho sette figli e perché alfine della giornata, tuo papà dimostra di essere un buon padre; non potrei mai andarmene e separarvi da vostro padre; di più se io me ne andassi, chi pregherebbe per la sua salvezza. Io sono la sola che lo possa fare perché tutte queste pene e ferite che mi infligge, io le unisco alle sofferenze di Cristo sulla Croce. Ogni giorno dico al Signore: il mio dolore è niente in confronto della vostra Croce, così, vi prego, salvate mio marito e i miei figli”.
Da parte mia, non riuscivo a comprenderla e divenni ribelle, cominciai a prendere la difesa delle donne, ad incoraggiare l’aborto, la convivenza ed il divorzio.
Quando venne al quinto comandamento, il Signore mi fece vedere l’assassinio orribile che avevo fatto commettendo il più orribile dei crimini: l’aborto.
Di più, io avevo finanziato diversi aborti perché sostenevo che una donna aveva il diritto di sceglie di rimanere incinta o no. Mi fu dato da leggere nel Libro della Vita e fui profondamente mortificata, perché una ragazzina di 14 anni aveva abortito su miei consigli.
Io avevo ugualmente prodigato dei cattivi consigli a delle ragazzine tre delle quali erano mie nipoti parlando loro della seduzione, della moda, consigliando loro di approfittare del loro corpo, e dicendo loro di usare la contraccezione: Questo è una specie di corruzione dei minori che aggravava l’orribile peccato dell’aborto.
Ogni volta che viene versato il sangue di un bambino, è un olocausto a satana, che ferisce e fa tremare il Signore. Io vidi nel libro della Vita come la nostra anima si formava, al momento che il seme perviene nell’ovulo. Una bella scintilla scocca, una luce che è come un raggio di sole di Dio Padre. Appena il ventre della mamma è inseminato si illumina della luce dell’anima.
Durante l’aborto, l’anima geme e grida per il dolore e se ne ode il grido al Cielo perché ne è scosso. Questo grido risuona ugualmente all’Inferno, ma è un grido di gioia. Quanti bambini sono uccisi ogni giorno!
E’ una vittoria dell’Inferno. Il prezzo di questo sangue innocente libera ogni volta un demone di più. Io mi sono immersa in questo sangue e la mia anima divenne totalmente ottenebrata. In seguito a questi aborti, avevo perduto la percezione del peccato. Per me, tutto era O. K. E che dire di tutti quei bambini a cui io avevo rifiutato la vita a causa della spirale (anticoncezionale) che utilizzavo. E così sprofondavo ancora di più nell’abisso. Come potevo affermare che io non avevo mai ammazzato!
E tutte le persone che ho disprezzato, odiato, che non ho amato! Anche così sono stata un’assassina perché non si uccide solamente con una pallottola della pistola. Si può egualmente uccidere odiando, commettendo degli atti di cattiveria, invidiando ed essendo gelosi.
Per quel che riguarda il sesto comandamento, mio marito fu l’unico uomo della mia vita. Ma mi fu dato di vedere che ogni volta che mettevo in mostra il mio petto e che portavo i miei pantaloni leopardati, incitavo gli uomini all’impurità e li inducevo al peccato.
Di più, io consigliavo alle donne d’essere infedeli al loro marito, predicavo contro il perdono e incoraggiavo il divorzio. Realizzai allora che i peccati della carne sono terribili e condannabili anche se il mondo attuale trova accettabile che ci si comporti come degli animali.
Era particolarmente doloroso vedere come i peccati d’adulterio di mio padre avevano ferito i suoi figli. I miei tre fratelli divennero delle copie conforme al loro padre, donnaioli e bevitori, incoscienti del torto che facevano ai loro figli. Ecco perché mio padre piangeva con tanto dispiacere constatando che il cattivo esempio che aveva dato s’era ripercosso su tutti i suoi figli.
Quanto al settimo comandamento – non rubare - io che mi giudicavo onesta, il Signore mi fece vedere il cibo sprecato nella mia casa mentre il resto del mondo soffriva la fame. Egli mi disse: “Io avevo fame e guarda quello che tu hai fatto con quello che ti ho dato, come l’hai sprecato! Io avevo freddo e tu guarda come eri schiava della moda e delle apparenze, buttando via tanto denaro nelle diete per dimagrire.
Del tuo corpo ne hai fatto un dio!
Mi fece comprendere che avevo una parte di colpa nella povertà del mio paese. Mi dimostrò anche che ogni volta che criticavo qualcuno, rubavo il suo onore. Sarebbe stato più facile per me rubare del denaro, perché il denaro si può sempre restituire, ma la reputazione!… 
Di più io derubavo ai miei figli la grazia di avere una madre tenera e piena d’amore. Io abbandonavo i miei figli per andare nel mondo, li lasciavo davanti alla televisore, al computer, ai video giochi; e per tacitarmi la coscienza, compravo loro dei vestiti di marca. Com’è orribile! Che immenso dispiacere!
Nel Libro della Vita si vede tutto come in un film. I miei figli dicevano: ”Speriamo che mamma non rientri troppo presto e che ci siano degli ingorghi perché è fastidiosa e brontolona”. Infatti, io avevo rubato loro la madre, avevo rubato loro la pace che dovevo portare nella mio focolare. Non avevo insegnato l’amore di Dio né l’amore del prossimo. E’ semplice: se non amo i miei fratelli, non ho niente a che vedere con il Signore: se io non ho della compassione, io non ho niente a che vedere con Lui non più.
Ora parlerò delle false testimonianze e della menzogna perché ero diventata un’esperta nella materia. Non ci sono bugie innocenti, tutto viene da satana che è il loro padre. Le colpe che ho commesso con la lingua erano veramente spaventose.
Ho visto come ho ferito con la mia lingua. Ogni volta che  spettegolavo, che mi facevo beffe di qualcuno, o gli attribuivo un sopranome dispregiativo, io ferivo quella persona. Quanto un sopranome può far male! Io potevo complessare una donna chiamandola: “la grossa”…
Nel corso di questo giudizio sui dieci comandamenti, mi si mostrò che tutti miei peccati avevano come causa la bramosìa, questo desiderio malsano. Mi sono vista felice con tanti soldi. E il denaro divenne la mia ossessione. E’ veramente triste, perché per la mia anima il momento più terribile era stato quando avevo a disposizione molto denaro.
Io avevo anche pensato al suicidio. Avevo tanto denaro e mi sentivo sola, vuota, amara e frustrata. Questa ossessione del denaro mi allontanò dal Signore e fece sì che mi allontanai delle sue mani.
Dopo l’esame dei 10 comandamenti, il Libro della Vita mi fu mostrato. Avrei voluto le parole adeguate per descriverlo. Il mio Libro della Vita cominciò quando le cellule dei miei genitori si unirono. Presso che immediatamente, ci fu una scintilla, una magnifica esplosione e un’anima era così formata, la mia, creata dalle mani di Dio, nostro padre, un Dio così buono! E’ veramente meraviglioso! Egli veglia su di noi 24 ore su 24. Il Suo Amore era il mio castigo perché Lui non guardava il mio corpo di carne ma la mia anima e Lui vedeva come mi allontanavo dalla salvezza.
Vorrei anche dirvi che a quel punto ero un’ipocrita! Io dicevo ad una amica: “Sei incantevole in questo abito, ti sta così bene!” Ma io pensavo tra me e me: è un vestito grottesco, e si crede pure una regina!
Nel Libro della Vita, tutto appariva esattamente tale e quale l’avevo pensato si vede anche l’ambiente interno dell’anima. Tutte le mie menzogne erano esposte ed ognuno poteva vederle.
Marinavo sovente la scuola, perché mamma non mi permetteva di andare dove volevo. Per esempio, le mentivo a proposito di un lavoro di ricerca che dovevo fare alla biblioteca universitaria e di fatto, andavo invece a vedere un film porno o a bere una birra in un bar con degli amici. Quando penso che mamma ha visto sfilare la mia vita e che niente è stato dimenticato!
Il Libro della Vita è veramente bellissimo. Mia madre aveva l’abitudine di mettere nel mio cestino delle banane per il mio pranzo, pasta di guava così del latte, perché nella mia infanzia, eravamo poverissimi. Mi capitava di mangiare le banane e di buttare per terra le bucce senza pensare che qualcuno poteva scivolare su di esse e farsi male.
Il Signore mi mostrò come una persona scivolò su una delle mie bucce di banana; avrei potuto ucciderla per la mia mancanza di compassione. L’unica volta della mia vita che mi confessai con dispiacere e pentimento, quando una donna mi rese 4500 pesos in più in un negozio alimentare di Bogotà. Mio padre ci aveva insegnato l’onestà. Andando al lavoro, mentre guidavo, mi resi conto dell’errore.
“Quest’idiota m’ha dato 4500 peso in più e devo subito ritornare al suo negozio”, mi dissi. C’era un ingorgo enorme e decisi di non tornare indietro. Ma il rimorso l’avevo dentro di me ed andai a confessarmi la domenica seguente accusandomi di aver rubato 4500 pesos senza averli restituiti. Io non prestai ascolto alle parole del confessore.
Ma sapete cosa mi disse il Signore? “Tu non hai compensato questa mancanza di carità. Per te, non era che del denaro per le piccole spese, ma per quella donna che non guadagnava che il minimo, quella somma rappresentava tre giorni di nutrimento”. Il Signore mi mostrò come ella ne soffrì, privandosi per più giorni così anche i suoi due piccoli che avevano fame.
In seguito il Signor mi fa la seguente domanda: ”Che tesori spirituali porti?”
Dei tesori spirituali? Le mie mani sono vuote!
“A cosa ti serve, aggiunse, di possedere due appartamenti, delle case e degli uffici se tu non puoi nemmeno portarmene non sarà ciò che un po’ di polvere? Che hai fatto dei talenti che ti ho dato? Tu avevi una missione: questa missione, era quella di difendere il Regno dell’Amore, il Regno di Dio”.
Sì, avevo dimenticato che avevo un’anima, così come mi potevo ricordare che avevo dei talenti; tutto questo bene che non ho potuto fare, ha offeso il Signore.
Il Signore mi parlò ancora della mancanza d’amore e di compassione. Mi parlò ugualmente della mia morte spirituale. Sulla terra, ero viva, ma in realtà ero morta. Se voi poteste vedere cos’è la morte spirituale! E’ come un’anima odiosa, un’anima amara e disgustata di tutto, piena di peccati e che ferisce tutto il mondo.
Io vedevo la mia anima che esteriormente era ben agghindata e stava bene, ma interiormente era una vera fogna e la mia anima abitava nelle profondità dell’abisso. Non è strano che fossi così acre e depressa.
E il Signore mi disse: “La tua morte spirituale e cominciata quando tu hai cessato di essere sensibile al tuo prossimo”. Io ti avvertii mostrandoti la loro miseria. Quando tu vedevi dei servizi televisivi, dei morti, dei rapimenti, la situazione dei rifugiati, tu dicevi: “povera gente, com’è triste”. Ma in realtà, ma in realtà tu non provavi dolore per essi, tu non sentivi niente nel tuo cuore. Il peccato ha cambiato il tuo cuore in pietra”.
Voi non potete immaginare la grandezza del mio dolore quando il Mio Libro della Vita si richiuse. Io avevo dispiacere per Dio, mio Padre, per essermi comportata così perchè, a riscatto di tutti i miei peccati, per la mia salvezza, di tutte le mie indifferenze e dei miei orribili sentimenti, il Signore a cercato di attendermi fino alla fine.
Mi ha inviato delle persone che ebbero una buona influenza su di me. Mi ha protetto fino ala fine. Dio mendica la nostra conversione!
Sia ben inteso, io non avrei potuto biasimarlo di condannarmi. Di mia propria volontà, io scelsi come mio padre, satana, al posto di Dio. Dopo che il Libro della Vita si richiuse, mi accorsi che mi stavo dirigendo un pozzo nel cui fondo c’era una botola.
Nel mentre vi precipitavo cominciai a chiamare tutti i Santi del Cielo per salvarmi. Voi non avete un’idea di tutti i nomi dei Santi che mi vennero in mente, a me che ero una pessima cattolica! Chiamai Sant’Isidoro o San Francesco d’Assisi e quando la mia lista finì, cadde il silenzio.
Provai allora un grande vuoto ed una pena profonda.
Pensavo che tutte le persone della terra, credevano che fossi morta in odore di santità, può essere che essi stessi s’attendessero la mia intercessione!
E guardate dove atterravo! Alzai allora gli occhi e il mio sguardo incrociò quello di mia madre. Con un grandissimo dolore gridai verso di lei: “Mamma, come ho vergogna! Sono condannata, mamma. Là dove vado, tu non mi vedrai mai più".
In quel momento una grazia magnifica le fu accordata. Ella si tendeva senza muoversi ma le sue dita si misero a puntare verso l’alto. Delle scaglie si distaccarono dolorosamente dai miei occhi: l’accecamento spirituale. Rividi allora in un istante la mia vita passata, quando un mio paziente una volta mi disse. “Dottore, voi siete troppo materialista, e un giorno voi avrete bisogno di questo: in caso di pericolo immediato, chiedete a Gesù Cristo di coprirvi del Suo Sangue, perché mai Egli vi abbandonerà. Egli pago il prezzo del Suo Sangue per voi”.
Con grandissima vergogna, mi misi a singhiozzare: “Signore Gesù, abbiate pietà di me! Perdonatemi, datemi una seconda occasione!”
E il più bel momento della mia vita mi si presenta, non ci sono parole per descriverlo. Gesù viene e mi tira fuori dal pozzo e tutte quelle orribili creature si appiattirono al suolo.
Quando mi depose, mi disse con tutto il Suo amore: “Stai per ritornare sulla terra, ti do una seconda possibilità”.
Ma precisò che non era a causa delle preghiere della mia famiglia. “E’ giusto da loro parte implorare per te. Questo è grazie all’intercessione di tutti quelli che ti sono estranei e che hanno pianto, pregato e hanno alzato il loro cuore con un profondo amore per te”.
Vidi molte luci accendersi, come delle piccole fiamme d’amore. Io vidi delle persone che pregavano per me. Ma c’era una fiamma molto più grande, era quella che mi dava molta più luce e che brillava più d’amore.
Tentai di conoscere chi fosse questa persona. Il Signore mi disse: "Colui che ti ama tanto, neanche ti conosce”. Mi spiegò che quest’uomo aveva letto un ritaglio di giornale del mattino. Era un povero paesano che abitava ai piedi della Sierra Nevada di Santa Marta ( a nord-est della Colombia). Questo pover’uomo si era recato in città per acquistare dello zucchero di canna. Lo zucchero era stato avvolto nella carta da giornale e c’era una mia foto, tutta bruciata come ero.
Come l’uomo mi vide così, senza neanche aver letto l’articolo interamente, cadde inginocchio e cominciò a singhiozzare con profondo amore. Disse: “Signore, abbiate pietà della mia piccola sorella. Signore salvatela. Se voi la salvate vi prometto che andrò in pellegrinaggio al Santuario di Buga ( che si trova nel sud-ovest della Colombia). Ma Vi prego, salvatela”.
Immaginate questo pover’uomo, non si lamentava di aver fame, e aveva una grande capacità d’amore perché si offriva di attraversare tutta una regione per qualcuno che neanche conosceva! E il signore mi disse: “Questo è amare il suo prossimo”. E aggiunse: “Tu stai per tornare (sulla terra) e darai la tua testimonianza non mille volte, ma mille volte mille volte. E sventura a quelli che non cambieranno dopo aver inteso la tua testimonianza, perché essi saranno giudicati più severamente, come te quando ritornerai qui un giorno; lo stesso per i miei consacrati, i sacerdoti, perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.
Questa testimonianza , fratelli e sorelle miei, non è una minaccia. Il Signore non ha bisogno di minacciarci. E’ una occasione che vi si presenta, e grazie a Dio, io ho esperimentato ciò che è necessario per vivere!
Quando qualcuno di voi morirà e si aprirà davanti a lui il suo Libro della Vita, voi vedrete tutto quanto come io l’ho visto.
E noi tutti vedremo come siamo, la sola differenza è che noi sentiremo i nostri pensieri alla presenza di Dio: La cosa più bella è che il Signore sarà di fronte a noi, mendicando ogni giorno la nostra conversione affinché diventiamo una nuova creatura con Lui, perché senza di Lui non possiamo fare niente.
Che il Signore vi benedica tutti abbondantemente.
Gloria a Dio.