san Paolo

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D’improvviso lo avvolse una luce dal cielo (At 9,3)

martedì 17 febbraio 2015

Pasolini, padre Maurizio e papa Francesco


Pasolini e Bergoglio 
profeti della “colonizzazione ideologica”


«Urla, o porta; grida, o città; struggiti, Palestina tutta,
poiché viene un fiume da settentrione
E ognuno si cingerà di sacchi per le sue strade
e tutti quanti urleranno sopra i suoi tetti e nelle sue piazze,
struggendosi di pianto» (P. P. Pasolini, “Il Vangelo secondo Matteo”, 1:11:29-50)




Quello qui sopra riportato è l’unico frammento di testo, che non fosse già presente nell’opera originale dell’evangelista, introdotto ex novo da Pasolini nel suo film Il vangelo secondo Matteo (1964).

«La mia idea è questa: – aveva scritto il poeta – seguire punto per punto il Vangelo secondo Matteo, senza farne una sceneggiatura o riduzione. Tradurlo fedelmente in immagini, seguendone senza una omissione o un'aggiunta il racconto. Anche i dialoghi dovrebbero essere rigorosamente quelli di San Matteo, senza nemmeno una frase di spiegazione o di raccordo: perché nessuna immagine o nessuna parola inserita potrà mai essere all'altezza poetica del testo».

Per quanto riguarda le omissioni, per la verità se ne trovano diverse nella pellicola, così come gli spostamenti di frasi e pericopi, ma in effetti, a parte naturalmente la colonna sonora, l’ambientazione e i costumi, questa strana profezia tratta da Isaia resta l’unica aggiunta personale fatta da Pasolini al testo di Matteo. Si tratta evidentemente di un frammento fondamentale per l’interpretazione dell’opera, come una sorta di firma nascosta dal regista al centro del film, per comunicare a chi abbia “occhi per vedere e orecchie per ascoltare” un messaggio che l’autore considerava estremamente importante.

Interessante è inoltre il modo in cui il poeta friulano introduce tale frammento, imitando una precisa caratteristica stilistica del vangelo stesso. Matteo aveva infatti più volte utilizzato nel suo testo la figura del compimento di una profezia dell’Antico Testamento nella vita di Gesù, col fine di evidenziare il fatto che il figlio di Giuseppe di Nazareth era in realtà il Messia inviato da Dio e annunciato dai profeti. Allo stesso modo, Pasolini prende due versetti di una profezia di Isaia (14, 31 e 15, 3), li adatta alle sue intenzioni e li attualizza annunciandone il compimento nell’Italia del ventesimo secolo - ma oggi potremmo anche dire nell’Europa del terzo millennio.





Nel Vangelo secondo Matteo di Pasolini è dunque già contenuta tra le righe, mediante l’immagine di una devastante inondazione proveniente dal Nord, una anticipazione della celebre denuncia di genocidio culturale che il geniale intellettuale avrebbe mosso nei confronti della borghesia neocapitalistica italiana negli anni ’70, sulle pagine del Corriere della Sera, in una serie di articoli poi raccolti in Scritti corsari del 1975. 

Pasolini aveva compreso, tramite i suoi studi linguistici e le sue assidue frequentazioni del popolo nelle borgate romane come nel Meridione italiano, che era in atto in maniera subdola e clandestina una distruzione e sostituzione dei valori tradizionali della società italiana.  Si trattava di una sorta di persuasione occulta, operata principalmente per mezzo dei mass media, in primo luogo la televisione, che aveva per effetto una vera e propria mutazione antropologica, con la soppressione di larghe zone della società stessa. 

Il poeta sosteneva che un tal modo di omologare il popolo ai valori della classe dominante costituiva una nuova forma di fascismo, ancora più pericolosa: «Ecco l’angoscia di un uomo della mia generazione che ha visto la guerra, i nazisti, le SS. Quando vedo intorno a me i giovani che stanno perdendo gli antichi valori popolari e assorbono i modelli imposti dal capitalismo, e rischiano una forma di disumanità, una forma atroce di afasia, una assenza di capacità critiche, una passività, ricordo che erano le forme tipiche delle SS e vedo stendersi sulle nostre città l’ombra orrenda della croce uncinata».




Il modello che Pasolini vedeva essere imposto ai giovani italiani era quello di un certo edonismo interclassista, fatto di falsa tolleranza e permessività, che imponeva inconsciamente di adeguarsi a certi modi di vestire, di pettinarsi, di sorridere, di atteggiarsi e di comportarsi in modo simile a ciò che si vede ad esempio nella pubblicità o nei film. E tutto questo avveniva perché «ad un certo punto il potere ha avuto bisogno di un diverso tipo di suddito, che fosse prima di tutto un consumatore, e non era un consumatore perfetto se non gli si concedeva una certa permissività nel campo sessuale».

E’ molto interessante notare che Pasolini leggeva in questa chiave anche il risultato del referendum sul divorzio del 12 maggio 1974: «Secondo me ai “No” ha contribuito potentemente anche la tv, che ad esempio in questi 20 anni ha nettamente svalutato ogni contenuto religioso. Di fatto, a prescindere dalle immagini che abbiamo visto del Papa o dei cardinali che benedicono, ecc…, avveniva almeno a livello inconscio un profondo processo di laicizzazione, che consegnava le masse al potere dei mass-media e attraverso questi all’ideologia reale del potere, dell’edonismo del potere consumistico. Per questo dico che nel “No” […] è presente l’anima del potere borghese che vuole l’italiano un buon consumatore, e chi accetta il divorzio lo è senz’altro».

E’ davvero impressionante oggi giorno notare la profonda consonanza di queste parole con quelle, ad esempio, di padre Maurizio Botta in una delle catechesi sui Cinque Passi che tiene alla Chiesa Nuova a Roma: «Questa società non la vuole una famiglia di sei persone. Questa società vuole sei single. Perché una famiglia di sei persone compie un peccato capitale per questa società dei consumi: risparmia. Sei persone in una famiglia spendono meno di sei single. E allora la famiglia è sotto attacco, vogliono disgregarla».




Ma quello che mi ha colpito di più, e che mi ha spinto a scrivere questo post, è aver sentito papa Francesco parlare di colonizzazione ideologica durante il suo viaggio nelle Filippine. 
Avevo concluso nel 2003, dopo un lungo e faticoso lavoro, una Tesi di Laurea in Storia e critica del cinema dedicata proprio al film di Pasolini sul Vangelo, dopodiché l’avevo messa lì da parte, pensando francamente di aver sprecato il mio tempo.

Poi ho letto queste parole pronunciate dal papa, 50 anni dopo l’uscita del film che coincideva con la chiusura del Concilio Vaticano II, durante l’incontro con le famiglie il 16 gennaio 2015 alla Mall of Asia Arena di Manila: «Nel nostro tempo, Dio ci chiama a riconoscere i pericoli che minacciano le nostre famiglie e a proteggerle dal male. Stiamo attenti alle nuove colonizzazioni ideologiche. Esistono colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia. Non nascono dal sogno, dalla preghiera, dall’incontro con Dio, dalla missione che Dio ci dà, vengono da fuori e per questo dico che sono colonizzazioni. Non perdiamo la libertà della missione che Dio ci dà, la missione della famiglia. E così come i nostri popoli, in un momento della loro storia, arrivarono alla maturità di dire “no” a qualsiasi colonizzazione politica, come famiglie dobbiamo essere molto molto sagaci, molto abili, molto forti, per dire “no” a qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica della famiglia [...]  Mentre fin troppe persone vivono in estrema povertà, altri vengono catturati dal materialismo e da stili di vita che annullano la vita familiare e le più fondamentali esigenze della morale cristiana. Queste sono le colonizzazioni ideologiche. La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita».




Durante il volo di ritorno dalle Filippine, il 19 gennaio 2015, papa Francesco ha fatto pure un esempio preciso di colonizzazione ideologica, usando il medesimo paragone pasoliniano del nazi-fascismo: «Colonizzazione ideologica è lo stesso che hanno fatto sempre i dittatori, anche in Italia con i ‘balilla’. Pensate anche alla ‘gioventù hitleriana’, a quel popolo che ha subito tanta sofferenza. Vi faccio un esempio che ho vissuto io nel 1995: una Ministro dell’Istruzione Pubblica aveva chiesto un prestito forte per fare la costruzione di scuole per i poveri. Le hanno dato il prestito a condizione che nelle scuole ci fosse un libro per i bambini […] dove si insegnava la teoria del gender. Questa donna aveva bisogno dei soldi del prestito, ma quella era la condizione...»

Si tratta di una linea di pensiero che papa Bergoglio aveva già tracciato nell’aprile del 2014, durante un ricevimento dei componenti dell’Ufficio Internazionale Cattolico per l’Infanzia: «Vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”. Mi diceva, poco più di una settimana fa, un grande educatore: “A volte, non si sa se con questi progetti – riferendosi a progetti concreti di educazione – si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione”». 

Anche questa è una frase particolarmente cara a padre Maurizio Botta, che nel citarla a proposito dei terrificanti tentativi di introdurre l’ideologia lgbt e gender nelle nostre scuole, è solito ricordare come se Benedetto XVI avesse detto una frase del genere sarebbe stato pubblicamente crocifisso dall’intera stampa mondiale.

Cinquant’anni fa Pasolini aveva visto con lucida chiarezza l’inizio dell’invasione che all’inizio del terzo millennio è ormai sotto gli occhi di tutti. La teoria del gender è solo l’ultimo anello di una lunga catena che ci sta portando ad una Nuova Preistoria, a quello che alcune correnti artistiche d’avanguardia chiamano già il post-human, ad un neopaganesimo imperante che dopo aver rifiutato Cristo intende inventare un nuovo modello di uomo del tutto emancipato da qualsiasi forma di autorità paterna, un uomo-isola sempre più rinchiuso in un mondo virtuale di edonismo autoreferenziale, sempre più apparentemente libero di scegliere e di scegliersi, ma in realtà sempre più incapace di pensare, vivere, soffrire e donarsi.




In Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, insomma nell’Europa del Sud – guarda caso Paesi in forte crisi economica e fortemente soggetti al controllo e all’influenza di quei Paesi nordici che già da tempo sembrano aver apostatato Cristo e che non hanno voluto riconoscere le radici cristiane dell’Europa – si sta giocando una partita decisiva per il futuro dell’umanità e del concetto stesso di uomo.  

In questa battaglia epocale, facciamo risuonare ancora nei nostri cuori le parole di papa Francesco, perché non ci perdiamo mai d’animo: «Il mondo ha bisogno di famiglie buone e forti per superare queste minacce! […] Ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa. Il futuro dell’umanità, come ha detto spesso san Giovanni Paolo II, passa attraverso la famiglia (cfr Familiaris consortio, 85). Il futuro passa attraverso la famiglia. Dunque, custodite le vostre famiglie! Proteggete le vostre famiglie! Vedete in esse il più grande tesoro della vostra nazione e nutritele sempre con la preghiera e la grazia dei Sacramenti. Le famiglie avranno sempre le loro prove, non hanno bisogno che gliene aggiungiate altre! Invece, siate esempi di amore, perdono e attenzione. Siate santuari di rispetto per la vita, proclamando la sacralità di ogni vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. Che grande dono sarebbe per la società se ogni famiglia cristiana vivesse pienamente la sua nobile vocazione! Allora, alzatevi con Gesù e Maria e disponetevi a percorrere la strada che il Signore traccia per ognuno di voi».


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