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D’improvviso lo avvolse una luce dal cielo (At 9,3)

venerdì 13 marzo 2015

La storia di O. J. Brigance


Eroe del Super Bowl, oggi malato di Sla:


«Da quando ho la Sla, ho fatto più bene 

di quanto non avessi fatto nei precedenti 37 anni»





«Il pensiero che una persona potrebbe avere un modo legale di togliersi la vita mi rattrista profondamente. È una tragedia». Non volava una mosca martedì nell’aula del Senato del Maryland, mentre Orenthial James Brigance con la sua voce metallica rendeva una testimonianza «in opposizione alla legge 676 sul suicidio assistito».


«EROE» DEL SUPER BOWL. O. J. Brigance non è una persona qualunque. Stella ed «eroe» degli Stallions e dei Baltimore Ravens, è uno dei sette giocatori nella storia del football americano ad aver vinto sia il campionato della lega canadese che il Super Bowl nel campionato nazionale. Ma è l’unico nella storia ad averlo fatto per la stessa città: Baltimore.


«LA NOTIZIA DEVASTANTE». Davanti ai senatori del Maryland, Brigance non parlava in qualità di stella del football ma di malato, inchiodato da otto anni a una sedia a rotelle. Nel 2007, infatti, durante una partita di racquetball, si è accorto che il suo braccio destro rispondeva in modo strano ai movimenti comandati. Dopo una serie di esami, «ho ricevuto una notizia devastante: avevo la Sla», una malattia neurodegenerativa che in pochi mesi può portare alla paralisi totale dei muscoli volontari e di conseguenza alla morte.


«SULLA MIA PELLE». «Mi sento in dovere di dare la mia testimonianza su questo tema, perché otto anni fa ho ricevuto una notizia devastante: avevo la Sla», ha esordito Brigance in Senato. «Ho vissuto sulla mia pelle il dibattito che stiamo facendo questo pomeriggio, mi sono domandato se questa vita fosse degna di essere vissuta. Io sono stato un atleta professionista e per me perdere progressivamente l’abilità di correre, camminare e infine parlare» è stato molto difficile. Brigance, infatti, è in grado di comunicare solo grazie a un sintetizzatore vocale.


«NON HO CREATO LA MIA VITA». «Dopo un lungo percorso io e mia moglie abbiamo preso una decisione, che è stata ovviamente molto difficile», ha proseguito. «Io non ho creato la mia vita e non ho il diritto di togliermela. E poiché ho deciso di vivere al meglio delle mie possibilità, si è verificato un effetto di bene a cascata nel mondo». Quello a cui si riferisce è l’operato della sua associazione, la Squadra di Brigance, fondata «nel 2008 insieme a mia moglie per incoraggiare ed aiutare i malati di Sla».


«HO FATTO PIÙ BENE ORA». Negli anni, «abbiamo sostenuto tante famiglie nel momento del bisogno, anche finanziario, e con l’aiuto della tecnologia io sono riuscito a scrivere un libro due anni fa. Non vi dico quante persone si sono sentite incoraggiate nella loro lotta, perché io ho deciso di affrontare la mia battaglia contro la Sla. In questi otto anni, da quando mi è stata diagnosticata la malattia, io ho fatto più bene per questa società di quanto non avessi fatto nei precedenti 37».


CONTRIBUTO DI UN MALATO. In base ai criteri della legge, invece di fondare quest’opera, Brigance avrebbe potuto togliersi la vita con il suicidio assistito. Consapevole di questo, la stella del football americano ha concluso: «Non so quanto tempo mi rimanga ancora da vivere, ma il pensiero che una persona potrebbe avere un modo legale di suicidarsi nel momento della disperazione – privando la famiglia, gli amici e la società della sua presenza e del suo contributo – mi rattrista profondamente. È una tragedia. Ecco perché chiedo ad ognuno di voi di opporsi a questa legge. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo della vita ci viene dato da Dio e ha un valore. Il suicidio assistito svaluta le vite e il possibile futuro contributo che gli abitanti del Maryland possono offrire. Grazie per avermi dato l’opportunità di parlare».


@LeoneGrotti


da www.tempi.it

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