Incontro con l'invisibile
“L’essenziale è invisibile agli occhi”, la celebre frase di Saint Exupery ben si presta a descrivere la vita di Wolfgang Fasser, il fisioterapista non vedente che cura i bambini disabili attraverso la musica e accompagna ragazzi e adulti di notte nel bosco ad ascoltare i suoni della natura.
“Di solito siete voi ad accompagnare me nel mondo del visibile, per una volta vorrei portarvi nel mio mondo, il mondo di ciò che è invisibile agli occhi”.
E’ questo l’invito che Wolfgang Fasser, non vedente dall’età di 22 anni a causa di una malattia degenerativa, rivolge a coloro che lo scelgono come guida per inoltrarsi nei boschi la notte, nella totale oscurità, per ascoltare i suoni degli animali e scoprire altre dimensioni del “vedere”, in un’immersione completa con il mondo della natura.
Presentare Wolfgang Fasser non è facile, tanti sono gli aspetti che caratterizzano la sua esperienza umana così originale. Nasce nel 1955 in un paese sulle Alpi svizzere. La sua vista manifesta subito dei problemi a causa della retinite pigmentosa e diventerà completamente cieco all'età di 22 anni. Nessuna battuta d'arresto però nella sua vita. Diventato fisioterapista svolge la sua attività con successo in Svizzera. Nell'87 lascia tutto per andare in uno degli stati più poveri dell'Africa, il Lesotho. Vi rimane 3 anni. Rientrato da quell'esperienza si ritira a vivere in campagna, aPoppi nel casentino, dove dà vita insieme a don Luigi Verdi alla Fraternità di Romena, un'esperienza che offre percorsi di ricerca interiore a quanti desiderano ritrovare una vita più autentica. Nel 1999 fonda l'Associazione Il Trillo che cura bambini con diverse disabilità, anche a attraverso la musicoterapia. Ogni anno ritorna per due mesi e mezzo in Africa a proseguire l'attività iniziata là. Lo abbiamo intervistato proprio al rientro del suo ultimo soggiorno nel Lesotho.
Partiamo dalla malattia degenerativa che l'ha colpito da bambino: come ha affrontato l'esordio e l'avanzare di questa patologia che l'ha condotto progressivamente alla cecità?
Sono cresciuto in una famiglia dove eravamo 5 fratelli, di cui tre hanno avuto problemi alla vista. La diagnosi di retinite pigmentosa è arrivata quando avevo 5 anni, ma allora non mi rendevo conto bene della mia situazione. Intorno ai 10-15 anni non vedevo certe cose, da adolescente ero già gravemente ipovedente. Il periodo in cui un po' vedevo e un po' no, in realtà è stato più pesante di quello successivo. Quando a 22 anni non ho visto più nulla è stata quasi una liberazione, era venuta meno l'incertezza.
Come ho vissuto tutto questo? Posso dire che non ho mai avuto momenti di disperazione, di base avevo dentro di me una fiducia: "Va bene così". Mi sentivo connesso con ogni cosa, con la natura, con il cielo. Sentivo che c'era qualcosa di grande che mi proteggeva. A quell’epoca non era Dio, ma solo "qualcosa", con il tempo ho scoperto che era un'esperienza spirituale. Fin da piccolo avevo la consapevolezza che la mia vita sarebbe stata diversa.
Certo mi dispiaceva non poter fare alcune cose, come ad esempio andare con il motorino, sciare liberamente, andare in discoteca con gli amici. Ma avevo una fiducia di fondo.
Inoltre i miei genitori hanno aiutato molto sia me che i miei fratelli a diventare autonomi, a superare gli ostacoli, a vederli come qualcosa che ti fa diventare abile nella vita e anche a convivere con un po' di ignoranza della gente.
Attraverso la mia disabilità ho imparato il coraggio di vivere la vita così com'è e di chiedere aiuto.
L'idea di andare in Africa come le è venuta?
Ho lavorato come fisioterapista in Svizzera fino al ‘97, poi ho sentito il bisogno di lavorare in situazioni molto esistenziali, con problemi elementari. A quel tempo stavo avendo un successone a livello professionale, potevo insegnare in America e in Australia, avevo soldi, era tutto bello, ma una cosa non tornava: mi sembrava impossibile essere già arrivato dove di solito si arriva alla fine della vita lavorativa. Allora ho pensato di andare in Africa, come sognavo da bambino. Sono andato nel Lesotho (dove ero già stato per un breve periodo nel 1981), e sono rimasto lì 3 anni. In Africa ho sperimentato che la vera gioia non sono i soldi, ma l'entusiasmo nel proprio lavoro. Guadagnare troppo diventa una barriera per la vita.
L'Africa per un non vedente... non è un luogo difficile?
In realtà non è così, in Africa non si cammina da soli, è normale fare la strada insieme e quindi per un non vedente è quasi più facile.
Al ritorno da quell'esperienza si è trasferito in Italia...
Sì, sono venuto a vivere qui a Poppi dove avevo degli amici, perché non potevo tornare a Zurigo dopo un'esperienza come questa. Volevo restare nella natura. Inoltre per un non vedente vivere in campagna è più facile, non ci sono i pericoli del traffico, i rumori... Ora trovo che mi fa bene andare in città, ma penso che è più bello vivere in campagna e andare in città, che vivere in città e andare in campagna.
Vive in un eremo all'insegna dell'essenzialità, non le mancano le comodità?
Essenzialità significa andare all'essenza, levare le cose che sono all'esterno e non mi fanno sentire la mia vita. Mi piace avere poco nella mia casa, solo quello che serve per vivere bene e sano. Faccio esperienza di Dio attraverso la vita, le persone, la natura.
In Africa continua ad andarci...
Dopo quell'esperienza sono ritornato in Africa due mesi e mezzo ogni anno. Dopo la mia partenza è importante che il lavoro lo porti avanti chi è là. In Africa lavoro e insegno in ospedali, centri per anziani, comunità rurali. C'è un bisogno enorme, pensi che su 1.800.000 abitanti ci sono solo 8 fisioterapisti diplomati, mentre in Italia sono ben 50.000...
A Poppi ha fondato l'associazione Il Trillo che cura piccoli pazienti con disabilità motorie, ritardi nello sviluppo, disturbi nel comportamento, utilizzando, oltre alla fisioterapia, i suoni della natura e gli strumenti musicali. Ci può parlare di questa esperienza?
Nella mia vita c'erano già la natura e la fisioterapia, sentivo il bisogno di inserire anche l'arte, volevo includere l'arte come un linguaggio che va oltre la parola. La musica permette di fare questo e offre la possibilità di esprimersi anche a chi non può usare la parola. Inoltre attraverso la musica possiamo fare tante altre cose: ad esempio con una musica tranquilla si può sciogliere il corpo dalla spasticità e consentire il movimento. Vediamo che i piccoli con paresi cerebrali infantile spesso si annoiano quando devono eseguire gli esercizi per migliorare le funzioni motorie e così si rifiutano di farli. Nel contesto ludico della musicoterapia, invece trovano lo stimolo ad eseguire gli stessi movimenti.
Attraverso l'associazione Il Trillo in 15 anni abbiamo seguito 110 bambini con le loro famiglie, quasi tutti della zona del casentino.
Il rapporto con la natura è un elemento fondamentale della sua vita...
Sono cresciuto in montagna sulle Alpi svizzere. La natura per me era una seconda madre e i genitori ci lasciavano molto liberi... La natura dà pace, serenità. Vado spesso nei boschi e ho imparato a riconoscere tutti gli animali che li abitano e a leggere i loro segni. Mi piace aiutare gli altri a scoprire la bellezza della natura e i poteri curativi delle piante.
E veniamo ai percorsi di notte nel bosco...
Accompagno gruppi di adulti o di bambini nel bosco a scoprire i suoni della natura. Si parte al tramonto e si va nel bosco senza torce. Man mano che si entra nel buio si aprono le orecchie. Si ascolta l'allocco che chiama, il grido della volpe, ci si tiene per mano e si impara a fidarsi. Si impara a prendere contatto con la bellezza della natura. Si superano le paure, ad esempio quella dei lupi e delle serpi.
Non semplici escursioni, ma esperienze di vita, dunque...
Questi percorsi sono un aiuto ad avere un contatto reale con la natura. Ad esempio nel vedere un lupo siamo condizionati dalla fiaba di Cappuccetto Rosso, ma la realtà è ben diversa. In questi itinerari si impara a convivere con la presenza dei lupi. Sappiamo che i lupi sono attorno a noi e loro sanno che noi ci siamo, ma rarissime volte li abbiamo incontrati. Anche la paura delle serpi è irrazionale. Nella natura in questi casi faccio un passo indietro, mi metto ad osservare, allora magari mi accorgo che la serpe di sta godendo il sole. Imparo a diluire l'emozione e a riflettere.
Posso dire che in questi 20 anni non c'è mai stato un incidente, non abbiamo mai avuto incontri infelici con gli animali. Si impara a fidarsi della volpe, del cinghiale, del daino, del lupo, a credere in una convivenza pacifica. In alcuni momenti ci si tiene per mano e questo affidarsi fa bene alle persone.
Allora molti che credevano di avere paura del buio, si ritrovano a camminare serenamente ed è capitato che invece di tornare alle 23.30 siamo rientrati alle 2. A volte con i gruppi si passa la notte nel bosco o si parte il venerdì sera e si torna la domenica.
Un non vedente che fa da guida a persone che ci vedono… uno strano paradosso, non le pare?
In realtà durante il giorno è il non vedente ad avere dei problemi, ma la notte i problemi li ha chi vede. Chi è non vedente non è luce dipendente. Durante la notte il vedente non vede più, mentre il non vedente vede: c'è un'inversione.
A Quorle c’è anche la possibilità di partecipare anche a momenti di riflessione, di silenzio e incontro con se stessi…
Sì, qui siamo nel cuore di uno spazio di campagna viva, una campagna che tiene a distanza i rumori della città, perché siano libere le voci della natura e quelle degli uomini. Attraverso un lavoro di ristrutturazione abbiamo recuperato tutta l'area che circonda la piccola chiesa di santa Margherita e creato un luogo di accoglienza per i gruppi, con spazi comunitari, la cucina e una piccola cappella e poi vi sono tre piccoli eremi, dove chi vuole può vivere un periodo di silenzio, di raccoglimento, di incontro con sé stesso e con la natura disponendo di ciò che basta: un letto, un angolo cottura, uno spazio per scrivere e leggere, un bagno. Ma gli spazi della fraternità sono anche all'aperto: il giardino e l'orto sono l'annuncio che già da qui l'uomo riapre il suo dialogo creativo con la natura.
La vita di Quorle è vita semplice, scandita da ritmi sani, con la sveglia che arriva presto per godersi l'alba e permettere al giorno di offrire spazi per il silenzio, per il lavoro, per la condivisione. Niente radio o tv, la linea del cellulare è faticosa; in compenso si può ascoltare il canto degli uccellini, o scorgere una volpe o una lepre nel campo di fronte, o godere del profumo di un buon pomodoro appena colto nell'orto. L'invito è quello di abbandonarci fiduciosamente alla realtà che ci circonda, a scoprire Dio attraverso la vita, colta nelle sue piccole espressioni quotidiane.
Meravigliosa testimonianza di una vita luminosa.Geazie infinite Wolfgang!
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