Mentre i tedeschi sono in fuga e stanno arrivando le truppe alleate, i sopravvissuti ebrei donano un anello ad Oscar Schindler in segno della loro riconoscenza, con su scritto un verso del Talmud:
"Chiunque salva una vita, salva il mondo intero"
http://www.youtube.com/watch?v=oftGv6bYLNA |
Questa scena è di una forza dirompente, perché può assumere evidentemente un significato paradigmatico per ciascuno di noi e per la nostra vita, un significato che può facilmente diventare anche escatologico, cioè riguardante "le cose ultime", perché verrà prima o poi per ciascuno di noi un momento in cui dovremo fare i conti con noi stessi e con il nostro Dio, con ciò che abbiamo fatto o non fatto delle nostre risorse e dei nostri talenti.
Tanto più se si pensa che viviamo in una società dei consumi che si è specializzata nella creazione continua di bisogni fittizi, per cui rischiamo di circondarci di oggetti che costituiscono un lusso nella convinzione che ci siano indispensabili, perché innalzati da qualche pubblicità al valore di status symbol: ti sei mai chiesto, ad esempio, quante persone avresti potuto nutrire o educare con quel palmare, quel computer, quel mega schermo piatto con sistema home theatre, quella super macchina, quella moto, quel vestito di marca, eccetera, eccetera?
Per questo penso che sia assolutamente indispensabile, tanto da averne fatto uno dei motivi principali per la mission di questo blog, "suonare le trombe", cioè avvertire, scuotere in qualche modo, svegliare la coscienza delle persone in questa nostra generazione prima che sia troppo tardi.
Perché è fin troppo facile notare come siamo spesso portati dal nostro stile di vita, dalla mentalità dominante, dai nostri interessi che si fanno sempre più stringenti, dalle continue preoccupazioni per la precarietà della nostra stessa situazione, se non proprio dal nostro irriducibile egoismo, a rimandare sempre a domani le opere buone, i gesti d'amore, la generosità gratuita, o anche semplicemente una piccola attenzione verso chi è chiaramente in preda alla sofferenza molto più di noi.
Si tratta di un tragico errore, perché in questo modo, il domani non arriva mai, non diventa mai oggi e rischiamo di ritrovarci alla fine della nostra vita con un pugno di mosche, senza mai aver provato cosa significa aver amato davvero, aver donato qualcosa senza interesse, essersi preso cura di qualcuno che non ha nulla da restituirci: il che vuol dire non essere mai stato veramente un uomo o una donna realizzati, maturi, non aver dato frutti, non aver gustato la gioia profonda di essersi donati.
Bisogna avere la saggezza, anzi la furbizia, e il coraggio di vivere oggi, o meglio qui e adesso, hic et nunc, cioè di approfittare del momento che passa e non ritornerà più, come ben sapevano già gli antichi: carpe diem, "cogli l'attimo" raccomandava Orazio. Ce lo ricordava Robin Williams in quest'altro meraviglioso film di Peter Weir:
http://www.youtube.com/watch?v=9WPZF4wkrq0&feature=fvw
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Ci sarà sempre almeno un motivo per non fare quell'opera buona: è per questo che devi fare una scelta precisa, devi lasciare in quel momento tutto il resto, e decidere che quella è veramente la cosa migliore da fare o non la farai mai. Ascoltiamo bene anche questa piccola perla di saggezza:
"Percorrerò questa strada una sola volta; ogni cosa buona che posso fare oppure ogni gentilezza che posso manifestare nei confronti di un altro essere umano, lasciatemela fare subito. Non fatemela rimandare o dimenticare, perché di qui passerò una volta sola".
Una volta sola! Ogni giorno, ogni minuto, ogni singolo istante, è come se noi scrivessimo le pagine di un libro o riprendessimo le immagini di un film che poi potrà essere letto o visto alla fine della nostra vita per l'eternità! Diceva infatti Pasolini che la morte è come il montaggio finale di una pellicola. Ci hai mai pensato? Possiamo farne un capolavoro o un filmetto di serie b, una meravigliosa storia d'amore o un film dell'orrore... Per questo ogni singolo istante della nostra vita, ogni nostro singolo pensiero, parola o azione sono tremendamente importanti e non è affatto la stessa cosa se facciamo o non facciamo una buona opera, o se facciamo il bene o il male: dobbiamo sempre ricordarci che le nostre azioni hanno conseguenze enormi per noi e per quelli che ci stanno intorno.
Madre Teresa
C'è stata una piccola grande donna albanese che era solita dire di se stessa: "Sono solo una piccola matita nella Sua mano"; credo che possa insegnarci molto in questo campo, perciò mi sembra utile e bello leggere qui alcuni suoi pensieri."Una volta, a Ceylon, un ministro mi ha detto qualcosa di singolare: 'Sa, Madre, amo Cristo ma odio i cristiani'. Quando gli ho chiesto come fosse possibile ha risposto: 'Perché i cristiani non ci danno Cristo e non vivono appieno la vita cristiana'.
Gandhi sosteneva qualcosa di simile: 'Se i cristiani vivessero la vita cristiana fino in fondo, in tutta l'India non rimarrebbe nemmeno un induista'. Non è forse vero? L'amore di Cristo dovrebbe indurci a dare noi stessi senza sosta.
La perfetta volontà di Dio per noi è racchiusa in queste parole: siate santi. [...] Poiché tutti siamo chiamati alla santità questa vocazione non nasconde nulla di straordinario. Siamo stati infatti tutti creati a immagine di Dio per amare ed essere amati. Con ardore indescrivibile Gesù vuole che siamo perfetti. Dal Suo Sacro Cuore trabocca l'insaziabile desiderio di vederci progredire verso la santità.
Ogni mattino dovremmo rinnovare la nostra determinazione e, come se fosse il primo giorno della nostra conversione, spronare noi stessi al fervore con le seguenti parole: 'Aiutami, Signore Dio, nel mio buon proposito e nel tuo santo servizio e dammi oggi la grazia di cominciare davvero perché quello che ho fatto finora non vale nulla'. Non possiamo rinnovarci se non siamo così umili da riconoscere ciò che in noi deve essere rinnovato".
"Credo che la passione di Cristo venga rivissuta ovunque. Siamo disposti a parteciparvi? Siamo disposti a partecipare alle sofferenze umane, non solo nei paesi poveri ma in tutto il mondo?
Ho l'impressione che la grande povertà della sofferenza sia più difficile da risolvere nell'Occidente che in qualsiasi parte della Terra. Quando raccolgo un affamato dalla strada e gli offro una scodella di riso o un pezzo di pane riesco a placare la sua fame.
Chi è stato maltrattato o si sente escluso, poco amato, impaurito o rifiutato dalla società prova tuttavia un tipo di povertà molto più dolorosa e profonda per cui è più difficile trovare un rimedio.
Gli uomini hanno fame di Dio e di amore. Ne siamo consapevoli? Lo sappiamo? Lo vediamo? Abbiamo gli occhi per vederlo? Spesso guardiamo senza vedere. Siamo solo di passaggio in questo mondo. Dobbiamo aprire gli occhi e vedere".
"Essere poveri non significa solo avere fame di pane ma soprattutto avere una fame insaziabile di dignità umana. Abbiamo bisogno di amare e di essere importanti per qualcun altro. Ecco dove sbagliamo: nel mettere da parte le persone. Non solo abbiamo negato ai poveri un pezzo di pane ma pensando che non valgono nulla e abbandonandoli per la strada abbiamo negato loro la dignità umana cui hanno diritto in quanto figli di Dio.
Oggi il mondo non ha fame di pane ma d'amore, del desiderio di essere amati e desiderati. Gli uomini sono affamati della presenza di Cristo. Le popolazioni di molti paesi hanno tutto ad eccezione di quella presenza e di quella comprensione.
I poveri esistono ovunque. In alcuni continenti la povertà è più spirituale che materiale e assume le forme della solitudine, dello sconforto, della mancanza di significato nella vita. [...]
E' troppo facile parlare o preoccuparsi solo dei poveri lontani. E' molto più difficile e forse più impegnativo rivolgere l'attenzione e l'interesse ai poveri che vivono accanto a noi. Quando raccolgo un affamato dalla strada placo la sua fame con riso e pane. Ma se quella persona si sente respinta dalla società, poco amata e spaventata come riuscirò a saziarla?
In Occidente avete i più poveri fra i poveri di spirito, molti dei quali si trovano tra i ricchi e il cui numero supera quello dei derelitti dal punto di vista materiale. E' facile dare un piatto di riso a un affamato o offrire un letto a chi non ne possiede uno ma occorre molto tempo per consolare e sconfiggere la rabbia, l'amarezza e la solitudine che derivano dalla povertà dello spirito".
"La ricchezza, sia materiale sia spirituale, può soffocarvi se non la usate in modo giusto perché nemmeno Dio può mettere qualcosa in un cuore già colmo. Un bel giorno l'individuo sente nascere in sé la brama del denaro e di tutto ciò che il denaro può garantire: beni superflui, cibi prelibati, abiti eleganti, sciocchezze. Le esigenze aumentano perché una cosa ne richiede un'altra e l'unico risultato che si ottiene è un'insoddisfazione incontrollabile.
Rimaniamo il più vuoti possibile in modo che Dio possa riempirci.
Nostro Signore ci offre un esempio vivente: dal primo giorno della sua esistenza umana è stato allevato in una povertà che nessun essere umano potrà mai provare, perché 'essendo ricco si fece povero'. Nella sua ricchezza Cristo ha svuotato se stesso. [...] Per noi sarebbe una vergogna essere più ricche di Gesù, che ha sopportato la povertà per amore nostro. Sulla croce Cristo è stato privato di tutto. [...] Era nudo. Lo hanno avvolto in un sudario donato da un'anima caritatevole e lo hanno sepolto in una tomba non sua. Gesù sarebbe potuto tuttavia morire come un re e avrebbe persino potuto evitare la morte. Ha scelto la povertà perché sapeva che era il mezzo più efficace per possedere Dio e portare il suo amore al mondo. Essere poveri significa essere liberi, così liberi da non essere posseduti dai nostri averi, così liberi che i nostri averi non ci controllino, non ci impediscano di condividerli o di donare agli altri. L'assoluta povertà è la nostra protezione".
"Non abbiamo il diritto di giudicare i ricchi. Quello che desideriamo non è una lotta di classe, ma un incontro tra le classi in cui i ricchi e i poveri si salvino a vicenda.
Davanti a Dio la nostra povertà ha il valore di un'umile rassegnazione e presa di coscienza della nostra condizione di peccatori, di esseri umani impotenti e privi di valore, e della consapevolezza del nostro bisogno di Lui, che si manifesta come fiducia in Lui, come disponibilità a ricevere tutto da Lui in quanto nostro Padre. La nostra povertà dovrebbe essere quella prescritta dal Vangelo: dolce, gentile, lieta e sincera, sempre pronta a esprimere amore.
Prima di essere rinuncia la povertà è amore. Per amare è necessario dare. Per dare è necessario liberarsi dell'egoismo".
"Ricordatevi che i poveri più poveri si trovano tra i vostri vicini, nel vostro quartiere, nel vostro paese, nella vostra città, forse nella vostra stessa famiglia.
Dopo averli riconosciuti li amerete e quell'amore vi indurrà ad aiutarli. Solo allora comincerete ad agire come Gesù e a mettere in pratica il Vangelo.
Mettetevi al servizio dei poveri. Aprite il vostro cuore e amateli. Siate la prova vivente della misericordia di Dio.
[...] Quando ci accorgeremo che il nostro prossimo colpito dalla sofferenza è l'immagine di Dio stesso e capiremo le conseguenze di questa verità, la povertà cesserà di esistere e noi Missionarie della Carità avremo esaurito il nostro compito".
Tratto da: Madre Teresa, "Non c'è amore più grande. Pensieri di una vita", Milano, Rizzoli, 1997.
Per chi voglia approfondire: http://www.motherteresa.org/italian/layout.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Madre_Teresa_di_Calcutta
http://www.libreriadelsanto.it/libri/9788825016307/ho-sete-dalla-piccola-teresa-a-madre-teresa.html?p=rob