san Paolo

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D’improvviso lo avvolse una luce dal cielo (At 9,3)

domenica 7 giugno 2015

Storia di Biagio Conte


L’ANGELO DEI BARBONI 
GUARITO A LOURDES

Missionario in saio - Un intenso primo piano di Biagio Conte. Foto di Franco Lannino/ANSA


Nato in una famiglia benestante siciliana, figlio di un imprenditore edile, all’età di 16 anni Biagio termina gli studi e decide di aiutare il padre nell’azienda di famiglia. La sua giovinezza trascorre tra auto sportive, storie d’amore con belle ragazze, divertimenti e vita notturna. 

Qualche anno dopo, di fronte al disagio sociale presente in alcuni quartieri di Palermo, entra in crisi constatando la distanza tra la sua vita agiata “borghese” e la povertà di molti suoi concittadini. A un certo punto decide di cambiare vita e di allontanarsi, temporaneamente, da Palermo. 

A Firenze, dove si era iscritto a una scuola serale per artisti, per la prima volta entra in chiesa spontaneamente, senza che nessuno lo obbligasse. Fallita pure l’esperienza di aspirante artista, dopo quella di imprenditore, Biagio torna a Palermo e si ritira nella sua casa in campagna: «Sentivo il bisogno di perdermi tra i pensieri sotto lo sguardo di Gesù… La mia salvezza fu il volto di un Cristo in croce che, da una parte della mia stanza, mi puntava misericordioso e sofferente. Era lì da sempre e io lo guardavo per la prima volta. Nei suoi occhi riconobbi la disperazione dei bimbi poveri di Palermo. Le ferite della crocifissione trasudavano pene e offese, ma anche salvezza e riscatto».

Riacquistata definitivamente la fede, Biagio inizia a manifestare all’esterno la sua ribellione interiore contro le ingiustizie e le disuguaglianze. Per un giorno intero, attraversa la città di Palermo con un manifesto contro il razzismo, contro la mafia, contro la corruzione, contro l’opulenza e contro lo sfruttamento dei lavoratori. I passanti lo scambiarono per un “barbone”, ignorarono la sua estrema rivolta contro la società dominante. Amari i suoi ricordi: «Ero ancora più solo, si era aperta un’altra ferita nella mia anima, perché chiedevo solidarietà nei confronti delle mie battaglie e invece avevo ricevuto solo disprezzo e critiche. Il rimedio si era rivelato peggiore della malattia».

All’età di 26 anni, dunque, il futuro missionario laico chiede aiuto a Dio, scrive una lettera d’addio per i genitori, inizia a vagare nell’entroterra siciliano, tra le montagne deserte e incontaminate. I familiari, allarmati, contattarono persino la celebre trasmissione di Rai 3, Chi l’ha visto? Il giovane dormiva nelle grotte e si cibava di bacche e di erbe selvatiche, pregando sempre Dio: «Tutto il mondo mi aveva abbandonato, tranne Gesù, che mi era rimasto accanto, che aveva cancellato la mia sofferenza e che aveva guarito il mio male interiore». In provincia di Caltanissetta, chiede ospitalità a una famiglia di pastori, che lo accolgono come un figliol prodigo nella loro fattoria, dove intraprende anche un nuovo cammino religioso, leggendo la Bibbia e il Vangelo insieme ai padroni di casa. «Il mio rapporto con Dio, fino a quel momento, era stato silenzioso, privato, intimo e personale. Nella fattoria, invece, per me la religione era diventata comunione con gli altri. Nelle letture degli evangelisti avevo trovato le risposte ai miei malesseri e avevo riempito il mio cuore e la mia anima».

Abbandonata nuovamente la Sicilia, Biagio s’incammina alla volta dell’Umbria, seguendo il percorso del suo santo preferito, Francesco d’Assisi. Porta con sé soltanto un cane e lo chiama “Libertà”, in omaggio al suo viaggio fondato sulla libertà assoluta, materiale, morale e spirituale. «Una volta giunto davanti alla basilica di San Francesco», racconta, «ebbi un momento di vuoto e di assoluto silenzio, poi avvertii subito una grande gioia, serenità e pace. Prima di entrare, baciai in terra, in segno di ringraziamento verso nostro Signore e verso san Francesco».

Al suo ritorno in Sicilia, come promesso alla madre, Conte decide a questo punto di dedicarsi agli ultimi e ai poveri. Inizia, così, a portare cibo, coperte e vestiti ai “barboni” della stazione centrale. Vive insieme ai senzatetto, condividendo gioie, dolori, stenti, problemi e difficoltà quotidiane. Difende i “barboni” da quanti intendevano cacciarli dalla stazione. Nella sua battaglia al fianco dei senza-casa, Conte incontra ricchi caduti in disgrazia e poveri assoluti, borghesi in fuga dall’esistenza e disoccupati licenziati dal datore di lavoro, immigrati con elevati titoli di studio e palermitani al lavoro sin dall’adolescenza.


Dopo tante lotte e occupazioni, nel maggio del 1993, finalmente ottiene la concessione della struttura di via Archirafi 31, che era la sede del vecchio disinfettatoio di Palermo, abbandonato da circa 30 anni. Insieme all’instancabile don Pino Vitrano, fonda la Missione speranza e carità, affiancata, in seguito, dalla Cittadella del povero e della speranza nell’ex caserma dell’aereonautica di via Decollati e dal Centro di accoglienza femminile presso l’ex convento di Santa Caterina. E la storia di queste opere prosegue ancora oggi, dando rifugio e calore umano a un migliaio di persone. La Missione offre un letto, tre pasti al giorno, l’igiene personale, assistenza medica e farmaceutica. E poi laboratori di reinserimento lavorativo e aggregazione.

La scorsa estate, dopo un viaggio a Lourdes insieme all’Unitalsi e dopo l’immersione nell’acqua benedetta, Conte ha superato un grave problema alla schiena, ha abbandonato la sedia a rotelle ed è tornato a camminare perfettamente. Dopo la sua guarigione, i fedeli hanno gridato subito al miracolo e la Curia di Palermo ha dato ampio spazio alla vicenda raccontandola attraverso i propri organi d’informazione e avvallandone l’inspiegabilità scientifica. «Per me è stata una grazia inaspettata che ho ricevuto dal buon Dio che ha incaricato la sua madre Maria » ha dichiarato il missionario laico. «Dopo il bagno in piscina, non ho sentito più il bisogno né della sedia a rotelle né del bastone, che però porto ancora con me in ricordo del viaggio fatto da Palermo ad Assisi quando ero un giovane in ricerca. Dopo essermi immerso ho avvertito come un fuoco dentro».

(da un articolo di Pietro Scaglione, www.credere. it)


Così racconta la sua storia fratel Biagio: 

La Missione nasce dall’esperienza profonda di chi ha incominciato a cercare la verità, la vera libertà e la vera pace, distaccandosi dal mondo materialistico e consumistico.

Stanco e dalla vita mondana che conducevo, ho sentito nel cuore di lasciare tutto e tutti; me ne andai via dalla casa paterna il 05.05.1990 a 26 anni, con l’intenzione di non tornare più nella città di Palermo, perché questa città e società mi avevano tanto ferito e deluso.

Mi addentrai tra la natura e le montagne all’interno della Sicilia, iniziando un’esperienza di eremitaggio tra montagne, laghi, fiumi, sotto il sole, la luna e le stelle.

Poi successivamente cominciai a sentire sempre più che Gesù (quell’uomo giusto che ha donato la vita per noi) mi portava con lui per fare una esperienza che successivamente avrebbe stravolto tutta la mia vita; ho camminato molto scaricando le tensioni e le scorie della vita mondana, nel silenzio e nella meditazione mi sentivo sempre più libero e pieno di pace, non avevo nulla con me, eppure era come se avessi tutto.

Come spinto da un vento impetuoso, ho iniziato a camminare, da pellegrino, attraverso le regioni dell’Italia fino ad arrivare ad Assisi, da San Francesco, a cui ho tanto sentito di ispirarmi per la sua profonda umiltà e semplicità e per l’aver donato la sua vita per Gesù e per il nostro prossimo. Durante il lungo viaggio ho incontrato diversi poveri e trasandati che mi riportarono alla mente quei volti poveri e sofferenti che vedevo nella città di Palermo.

Pian piano, cominciai a capire il progetto “Missione”: dedicare la mia vita per i più poveri dei poveri.

Da premettere che non avevo mai avuto nessuna esperienza del genere e avrei potuto farmi prendere dallo scoraggiamento, ma sentivo nel mio cuore che l’Amore di Gesù mi avrebbe aiutato a percorrere la vera e giusta strada.

Dopo l’arrivo ad Assisi, davanti la tomba di San Francesco, nei luoghi dove il Santo ha dedicato e donato la sua vita, sentii nel mio cuore di vivere la mia vita da missionario. Ebbi una reazione impulsiva, volevo andare in Africa o in India, ed invece mi sento riportare nella città dove non volevo più tornare, ma Gesù ha voluto che la Missione nascesse proprio nelle strade di Palermo; partendo dalla stazione centrale tra i vagoni e le sale d’aspetto, angoli di strada, marciapiedi, panchine dove tanti fratelli dormivano e passavano intere giornate tra l’indifferenza più assoluta.

La società li chiama: barboni, vagabondi, giovani sbandati, alcolisti, ex detenuti, separati, prostitute profughi, immigrati; ma dal momento che ho sentito il coraggio di incontrarli ed abbracciarli, li ho chiamati fratelli e sorelle, senza farli sentire inferiori o diversi da noi tutti. Ero felice di vivere con loro alla stazione, di aiutarli e confortarli, mi prodigavo a portare loro thermos con latte e the caldo, panini e coperte per ripararli dal freddo

Fu un’esperienza forte e cominciai a chiedere aiuto a tutti, e andai pure alla Curia di Palermo dal Cardinale Pappalardo, il quale capì quel giovane che andò a bussare alla sua porte e decise di venire alla stazione per celebrare una messa insieme a tutti i fratelli ultimi sotto i portici della stazione; è stato un momento indimenticabile che mi incoraggiò molto e soprattutto aprì gli occhi della città sui tanti fratelli poveri che vivevano per strada, non considerati da nessuno, come se fossero scarto e rifiuto.

Da questa esperienza alla Stazione Centrale di Palermo, decisi di non tornare più a casa dei miei genitori, per condividere per sempre la mia vita con i fratelli ultimi, inizia così la Missione che sentii di chiamare Missione di Speranza e Carità.

Si scopre un progetto di Dio sconvolgente, ricco di Speranza e Carità, che a distanza di 19 anni dal suo nascere ha coinvolto e continua a coinvolgere uomini e donne di ogni ceto sociale, anche capaci di cambiare radicalmente il loro modo di vivere per diventare missionari e missionarie della Speranza e della Carità, per operare nei luoghi di emarginazione delle grandi metropoli.

(www.pacepace.org)

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