san Paolo

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D’improvviso lo avvolse una luce dal cielo (At 9,3)

giovedì 27 settembre 2012

La carità è una grande signora

Servire Cristo nei poveri
 
Non dobbiamo regolare il nostro atteggiamento verso i poveri da ciò che appare esternamente in essi e neppure in base alle loro qualità interiori. 

Dobbiamo piuttosto considerarli al lume della fede. 

Il Figlio di Dio ha voluto essere povero, ed essere rappresentato dai poveri. 
Nella sua passione non aveva quasi la figura di uomo; 
appariva un folle davanti ai gentili, una pietra di scandalo per i Giudei; 
eppure egli si qualifica l'evangelizzatore dei poveri: 
«Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4, 18).

Dobbiamo entrare in questi sentimenti e fare ciò che Gesù ha fatto: 

curare i poveri, consolarli, soccorrerli, raccomandarli.



 
Egli stesso volle nascere povero, ricevere nella sua compagnia i poveri, servire i poveri, mettersi al posto dei poveri, fino a dire che il bene o il male che noi faremo ai poveri lo terrà come fatto alla sua persona divina. 


Dio ama i poveri, e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri. 
In realtà quando si ama molto qualcuno, si porta affetto ai suoi amici e ai suoi servitori. Così abbiamo ragione di sperare che, per amore di essi, Dio amerà anche noi.

Quando andiamo a visitarli, cerchiamo di capirli per soffrire con loro, e di metterci nella disposizione interiore dell'Apostolo che diceva: «Mi sono fatto tutto a tutti» (1 Cor 9, 22). 





Sforziamoci perciò di diventare sensibili alle sofferenze e alle miserie del prossimo. Preghiamo Dio, per questo, che ci doni lo spirito di misericordia e di amore, che ce ne riempia e che ce lo conservi.

Il servizio dei poveri deve essere preferito a tutto.  

Non ci devono essere ritardi.

Se nell'ora dell'orazione avete da portare una medicina 
o un soccorso a un povero, andatevi tranquillamente.
Offrite a Dio la vostra azione, unendovi l'intenzione dell`orazione. 

Non dovete preoccuparvi e credere di aver mancato, 
se per il servizio dei poveri avete lasciato l'orazione. 
Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un'opera di Dio per farne un'altra. Se lasciate l'orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è servire Dio. 

La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa. 
E' una grande signora: bisogna fare ciò che comanda.
Tutti quelli che ameranno i poveri in vita non avranno alcuna timore della morte. 

Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più abbandonati. 
Essi sono i nostri signori e padroni.

San Vincenzo de' Paoli, Lettere e conferenze spirituali














"Il Signore ama la Compagnia delle Figlie della Carità.
Poche persone sono più vicine ai Poveri di loro.
Se gli amici dei Poveri sono gli amici del Signore, allora,
i membri della Compagnia sono tra i suoi amici più vicini.
"
San Vincenzo

 

Louise de Marillac presiedette prima le Confraternite della Carità (1629),
poi, con san Vincenzo, divenne strumento di Dio
per la nascita dell'innovativa comunità non "religiosa" delle Figlie della Carità (1633).






San Vincenzo non volle per loro clausura, non volle voti, abito, grata, parlatorio.
Dovevano vivere semplicemente.
Non volle cappella. Pretese per loro una casa simile a quella dei poveri. 





"Considereranno che non sono monache,
perché tale stato non si addirebbe alle occupazioni proprie della loro vocazione...
non avendo per monastero se non le case dei malati e
quella dove risiede la superiora,
per cella una camera d'affitto, per cappella la chiesa parrocchiale,
per chiostro le vie della città,
per clausura l'obbedienza, non dovendo andare se non dai malati e
nei luoghi necessari per il loro servizio,
per grata il timor di Dio, per velo la santa modestia,
e non facendo altra professione per assicurare la loro vocazione all'infuori
di quella continua fiducia che hanno nella divina Provvidenza 

e dell'offerta di tutto quello che sono
e di tutto quello che fanno per il servizio dei poveri...". 


Era un nuovo orientamento della Carità. 
Essa diveniva diritto dell'altro, debito d'amore
che si è chiamati a estinguere. 

La consacrata usciva dal chiostro per incontrare i fratelli nelle strade, 
nei luoghi della vita e della sofferenza.
A tutti portava Cristo. 

In tutti desiderava trovarlo, in tutti contemplarlo.

"Serve dei poveri, è come si dicesse, Serve di Gesù Cristo,
perché egli considera fatto a Sè quello che è fatto a loro che sono sue membra...
Lo spirito della Compagnia consiste nel darsi a Dio per amare Nostro Signore
e servirlo nella persona dei poveri materialmente e spiritualmente,
nelle loro case e altrove, per istruire le povere giovinette, i bambini,
in generale tutti coloro che la divina Provvidenza vi manda". 


Richiese la completa mobilità. 
Non volle la sicurezza di luoghi tutelati come i conventi,
per una maggior libertà e disponibilità. 





Il motto recitava "La Carità di Cristo ci urge".
Un amore che spinge, che arde nel cuore, 
"al soccorso del prossimo...come si corre al fuoco". 
Nella donna consacrata alla Carità riviveva la maternità della Chiesa,
che accorre sollecita ad ogni gemito o grido di aiuto.   


" Il fine principale per il quale Dio ha chiamato e riunito 
le Figlie della Carità
è per onorare Nostro Signore Gesù Cristo
come la sorgente e il modello di ogni Carità,
servendolo corporalmente e spiritualmente
nella persona dei poveri ".
(Regole Comuni, cap. I, par.I)
 


http://www.fdcsanvincenzo.it/ 

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